Bitcoin sparisce dagli exchange: è l’inizio della sua consacrazione istituzionale?

Bitcoin continua a scrivere la sua storia. Ad aprile 2025, la quantità di BTC sugli exchange è crollata ai minimi da sei anni, fermandosi a circa 2,6 milioni di unità, secondo un nuovo rapporto di Fidelity Digital Assets. Un vero terremoto che riflette un’accelerazione negli acquisti istituzionali, trainati in particolare dalle società quotate, in quello che gli analisti prevedono diventerà un trend in continua crescita.
Da novembre 2024, oltre 425.000 Bitcoin — per un valore che supera i 40 miliardi di dollari ai prezzi attuali — sono stati ritirati dagli exchange. Un chiaro segnale che il mercato si sta spostando da strategie speculative a breve termine verso un approccio di accumulo a lungo termine. A guidare questa rivoluzione ci sono nomi noti come MicroStrategy, insieme a nuovi protagonisti asiatici come Metaplanet (Giappone) e HK Asia Holdings (Hong Kong), confermando Bitcoin come asset sempre più accettato nei portafogli aziendali.
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Secondo Fidelity, sono proprio gli acquisti delle aziende pubbliche ad aver acceso la miccia. Dal novembre scorso, le società quotate hanno acquisito quasi 350.000 BTC, con MicroStrategy che da sola detiene l’81% di questo bottino: circa 285.980 BTC. L’azienda, ormai ribattezzata “Bitcoin Treasury Holder” sotto la guida visionaria di Michael Saylor, ha appena incrementato le proprie riserve con altri 6.556 BTC a metà aprile, raggiungendo quasi 200.000 BTC complessivi.
Il rapporto di Fidelity è chiaro: “Gli acquisti da parte delle società quotate sono diventati il motore principale del deflusso di Bitcoin dagli exchange”. Un’azione strategica che riduce la liquidità disponibile, aumentando la scarsità di Bitcoin — una caratteristica centrale del suo valore — e rendendo il prezzo potenzialmente meno volatile.

Ma non sono solo le aziende statunitensi a muoversi. In Asia, Metaplanet punta a raddoppiare le sue attuali riserve di 5.000 BTC entro fine anno, definendo Bitcoin una “copertura deflazionistica contro l’inflazione monetaria”. Anche HK Asia Holdings si è lanciata nella corsa, raccogliendo oltre 8 milioni di dollari per rafforzare il proprio tesoro crypto. L’onda asiatica promette di dare nuova linfa al mercato, aumentando ulteriormente l’interesse istituzionale.
Il salto di Bitcoin da esperimento speculativo a pilastro della finanza istituzionale è ormai sotto gli occhi di tutti. Basta guardare al 2018: l’ultima volta che l’offerta sugli exchange era così bassa, il prezzo oscillava tra i 3.000 e i 4.000 dollari, mentre gli investitori istituzionali stavano alla larga. Oggi Bitcoin viaggia intorno ai 95.000 dollari e gli ETF, come il Fidelity Wise Origin Bitcoin Fund, sono pronti a ottenere il via libera definitivo. Le aziende trattano ormai BTC come una vera riserva di valore, alla stregua dell’oro.
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La dinamica è diversa anche rispetto al passato: questa volta, il movimento di BTC fuori dagli exchange non è guidato dal panico, ma da un’accumulazione strategica. Tra il 19 e il 23 aprile, ad esempio, sono usciti 15.000 BTC mentre il prezzo volava oltre i 93.000 dollari. Un comportamento completamente diverso dal crollo del 2022, quando gli investitori si affrettavano a vendere. Nonostante una flessione nella domanda a 30 giorni (-146.000 BTC) legata alla lenta attività degli ETF e alla debolezza del retail, la fiducia istituzionale sembra più solida che mai.
E mentre gli “whale” (i grandi investitori) riducono il loro dominio — il Whale Ratio sugli exchange è sceso sotto lo 0,3, il livello più basso dal 2021 — i trader più piccoli stanno guadagnando spazio, rappresentando ora il 70% delle transazioni. Il mercato sta cambiando pelle.
La volatilità, però, resta una variabile chiave. Ad aprile, Bitcoin ha guadagnato quasi il 2%, ma per superare i 98.000 dollari servirà più benzina: una domanda più forte e chiarezza normativa, soprattutto dopo i dibattiti accesi negli USA sulla regolamentazione delle piattaforme crypto da parte della SEC.
La verità è che Bitcoin sta attraversando una metamorfosi. Non è più soltanto un asset speculativo di nicchia: è sempre più percepito come uno strumento finanziario mainstream. Ma la strada è ancora lunga. Gli ETF arrancano, l’adozione da parte degli investitori retail fatica a tenere il passo, e gli ostacoli normativi non sono scomparsi.
Come sottolinea Fidelity, tutto si giocherà sulla capacità dell’accumulazione istituzionale di resistere alla pressione della volatilità. “La tendenza è irreversibile”, ha dichiarato Simon Gerovich di Metaplanet, riassumendo il sentiment tra gli operatori. In questa corsa a ostacoli, sarà l’offerta — e non solo la domanda — a decidere chi taglierà il traguardo.
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