Il “Piracy Shield” spagnolo sta bloccando siti innocenti

LaLiga, la principale lega calcistica spagnola, continua la sua crociata contro la pirateria online, ma il prezzo da pagare è alto: migliaia di siti legittimi sono finiti nel mirino, bloccati senza preavviso insieme a quelli pirata. Con il supporto dei maggiori Internet Service Provider (ISP) spagnoli, come Movistar, Vodafone, MásOrange e DIGI, l’organizzazione sta utilizzando un’ingiunzione giudiziaria per colpire gli indirizzi IP di Cloudflare, una piattaforma che protegge milioni di siti web in tutto il mondo. Il risultato? Un’ondata di “overblocking” che sta causando disagi a utenti e aziende innocenti, intrappolati in una guerra che non li riguarda. Un po’ come il sistema anti-pirateria italiano, noto come Piracy Shield.
Il caos è iniziato a dicembre 2024, quando il Tribunale Commerciale n. 6 di Barcellona ha autorizzato LaLiga e Telefónica Audiovisual Digital (proprietaria di Movistar Plus+) a ordinare agli ISP di bloccare i siti pirata che trasmettono illegalmente le partite. Tuttavia, l’approccio adottato è stato tutt’altro che chirurgico: invece di limitarsi ai soli servizi illeciti, LaLiga ha preso di mira interi blocchi di IP condivisi gestiti da Cloudflare, una mossa che ha mandato offline non solo le piattaforme pirata, ma anche una miriade di siti legali che si affidano alla stessa infrastruttura. DigitalES, l’associazione spagnola per la digitalizzazione, ha reagito con un comunicato stampa, esortando tutti gli intermediari internet a collaborare per garantire il rispetto dell’ordine giudiziario, ma senza mai menzionare esplicitamente il problema dell’overblocking.

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Il paradosso è evidente: gli ISP coinvolti – tra cui Telefónica, che trasmette le partite di LaLiga tramite Movistar Plus+ – sono al contempo complici e vittime di questa strategia. Se da un lato eseguono i blocchi per contrastare la pirateria, dall’altro si trovano a gestire le proteste di clienti infuriati per l’impossibilità di accedere a servizi legittimi. LaLiga, nel frattempo, difende la sua posizione, sostenendo che l’unico modo per fermare i siti pirata sia colpire gli IP associati, anche a costo di sacrificare l’accesso a piattaforme innocenti. Una scelta che, secondo i critici, rivela una preoccupante mancanza di equilibrio tra la lotta alla pirateria e il diritto a un internet aperto.
Cloudflare non è rimasta a guardare: ha intentato un’azione legale per chiedere l’annullamento dell’ingiunzione, definendo i blocchi “sproporzionati” e “illegali”. Anche RootedCON, un gruppo di esperti di cybersicurezza, si è unito alla battaglia, presentando una propria richiesta al tribunale per fermare quella che considera una minaccia alla libertà digitale. Entrambi accusano LaLiga di aver agito senza considerare le conseguenze per gli utenti e di aver sfruttato un processo giudiziario opaco, privo di adeguate garanzie contro i danni collaterali.
DigitalES, nel suo appello, sottolinea che le tecniche usate dai siti pirata – come l’Encrypted Client Hello (ECH) o i relay per cambiare rapidamente IP – rendono inefficaci i blocchi a livello DNS, spingendo verso soluzioni più drastiche come il blocco degli IP. Tuttavia, il silenzio dell’associazione sui disagi causati agli utenti solleva interrogativi: è davvero questa la strada giusta per combattere la pirateria? Mentre LaLiga insiste sulla necessità di proteggere i propri diritti, il costo di questa guerra sembra ricadere su un internet sempre meno libero, con gli ISP stretti tra l’incudine della legge e il martello delle proteste pubbliche.
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