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La Francia ordina a Cloudflare di bloccare la pirateria della MotoGP

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In una nuova escalation della lotta alla pirateria online, un tribunale francese ha imposto a Cloudflare di bloccare l’accesso a siti che trasmettono illegalmente le gare di MotoGP. La sentenza, emessa il 28 marzo 2025 dal Tribunale Giudiziario di Parigi, segna un precedente significativo, obbligando il colosso americano dei servizi internet a intervenire attivamente contro la diffusione di contenuti pirata. Ma dietro questa vittoria per i detentori dei diritti si cela un dibattito più ampio sulla responsabilità delle infrastrutture digitali.

Una decisione mirata e dinamica

L’ordine arriva su richiesta di Canal+, il broadcaster che detiene i diritti esclusivi per trasmettere MotoGP, Champions League e Premier League in Francia. Dopo aver già ottenuto misure di blocco contro provider internet locali e altri resolver DNS (come Google e Cisco), Canal+ ha puntato il dito contro Cloudflare, accusandolo di facilitare l’accesso a flussi pirata attraverso i suoi servizi. La corte ha accolto la richiesta, ordinando a Cloudflare di impedire agli utenti francesi di raggiungere i siti segnalati entro tre giorni, con la possibilità di aggiornare l’elenco dei domini da bloccare in tempo reale, senza bisogno di ulteriori interventi giudiziari.

A differenza di precedenti sentenze, questa volta non sono state imposte multe per eventuali ritardi, lasciando a Cloudflare una certa flessibilità nell’implementazione tecnica. Tuttavia, l’azienda deve ora agire su tutti i suoi servizi – inclusi CDN, DNS e proxy – per garantire che le trasmissioni illegali di MotoGP non raggiungano il pubblico francese.

I domini a rischio
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Cloudflare nel mirino: neutralità sotto pressione

Cloudflare, con sede a San Francisco, si è sempre definita un intermediario neutrale, limitandosi a fornire infrastrutture senza intervenire sui contenuti che transitano attraverso i suoi sistemi. Questa posizione, però, è sempre più difficile da difendere di fronte alla crescente pressione dei detentori dei diritti. In questo caso, Canal+ ha sottolineato come i servizi di Cloudflare, in particolare il resolver DNS 1.1.1.1, consentano agli utenti di aggirare i blocchi imposti dai provider locali, rendendo inefficaci le misure antipirateria tradizionali.

La sentenza si basa sull’articolo L.333-10 del Codice dello Sport francese, che permette ai titolari di diritti sportivi di richiedere interventi contro la pirateria in tempo reale. Per Canal+, si tratta di un passo fondamentale per proteggere il valore delle sue trasmissioni, ma per Cloudflare rappresenta un’ulteriore erosione della sua neutralità. L’azienda non ha ancora commentato ufficialmente la decisione, ma in passato ha criticato simili ordini definendoli “sproporzionati” e potenzialmente dannosi per l’ecosistema digitale.

Un precedente con implicazioni globali

Questo non è il primo scontro tra Cloudflare e i detentori dei diritti. Negli ultimi mesi, l’azienda ha affrontato richieste simili in Spagna (da parte di LaLiga) e in Italia (con il sistema Piracy Shield), spesso accompagnate da controversie legate al blocco eccessivo di siti legittimi. In Francia, però, la natura “dinamica” dell’ordine – che permette di aggiungere nuovi domini pirata senza ulteriori procedimenti – alza l’asticella, ponendo Cloudflare in una posizione di responsabilità attiva e continua.

Il caso MotoGP si inserisce in un trend più ampio: i broadcaster sportivi, sotto pressione per contrastare la pirateria in un’era di streaming onnipresente, stanno spostando il mirino dai semplici ISP a fornitori di infrastrutture come Cloudflare. Questo approccio, tuttavia, solleva interrogativi: fino a che punto le aziende tecnologiche devono farsi carico della lotta alla pirateria? E quali sono i rischi per la libertà di accesso online?

Una battaglia lontana dalla meta

Mentre Canal+ celebra una vittoria, la guerra alla pirateria digitale è lungi dall’essere vinta. I siti pirata si adattano rapidamente, cambiando domini o utilizzando tecnologie come l’Encrypted Client Hello per eludere i blocchi. La decisione francese potrebbe rallentare temporaneamente il fenomeno, ma senza una strategia globale – e senza affrontare la domanda di alternative legali accessibili – il gioco del gatto e del topo è destinato a continuare.

Per ora, Cloudflare si trova a un bivio: rispettare l’ordine e adeguarsi a un ruolo più attivo contro la pirateria, o resistere, rischiando ulteriori battaglie legali. Quel che è certo è che questa sentenza non sarà l’ultima parola in un dibattito che coinvolge tecnologia, diritto e cultura digitale.

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