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WhatsApp tradisce gli utenti: pubblicità e dati in vendita

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C’è stato un tempo in cui WhatsApp rappresentava un rifugio sicuro per chi cercava privacy e comunicazione libera da occhi indiscreti. Ma quel tempo è finito. Sotto la guida di Meta, la popolare app di messaggistica si prepara a introdurre la pubblicità nella sezione “Aggiornamenti” e negli “Stati”, segnando l’inizio di una nuova era in cui anche WhatsApp diventa terreno fertile per l’advertising personalizzato.

Secondo le prime indiscrezioni, questi annunci non saranno generici: si baseranno su dati come posizione, lingua e interazioni recenti. Tutto tracciato, tutto monetizzato. E se hai collegato il tuo account WhatsApp all’Account Center di Meta, preparati: Facebook e Instagram forniranno ancora più dettagli per colpirti con pubblicità su misura.

Ma la parte più inquietante non è questa. Meta starebbe valutando l’introduzione del modello “Pay or Okay” anche su WhatsApp. In pratica, o paghi un abbonamento mensile (attualmente circa 10 euro) per non essere profilato, oppure accetti che i tuoi dati vengano raccolti e utilizzati per la pubblicità. Nessun vero consenso, solo una scelta obbligata tra soldi o sorveglianza.

E pensare che WhatsApp, prima di finire nelle mani di Meta, chiedeva appena un dollaro all’anno. Oggi invece, se vuoi semplicemente tutelare la tua privacy, potresti essere costretto a pagare dieci volte tanto ogni mese.

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Questo approccio è già stato criticato duramente in Europa. Secondo l’attivista per la privacy Max Schrems, il modello di Meta viola apertamente il GDPR e il Digital Markets Act, che richiedono un consenso libero e informato. Ma Meta, forte della lentezza delle istituzioni e delle sanzioni poco incisive, va avanti indisturbata. Come ha detto Schrems stesso: “Meta ha capito che non ci sono conseguenze reali”.

In tutto questo, ci si chiede che fine abbia fatto la promessa iniziale di WhatsApp: niente pubblicità, privacy garantita, crittografia inviolabile. Invece, oggi ci troviamo davanti a un sistema che vuole farci scegliere se pagare per non essere spiati o accettare la sorveglianza in cambio della gratuità. È una regressione totale, un tradimento dell’idea stessa di comunicazione libera.

Chi cerca alternative, per fortuna, non è senza speranza. App come Signal continuano a offrire un servizio essenziale, sicuro e rispettoso della privacy, pur operando con budget ridicoli rispetto al colosso Meta. Ma per molti utenti, il cambiamento è difficile, e WhatsApp resta la piattaforma principale.

La verità è che stiamo assistendo all’ennesima mutazione di un servizio che, pur di monetizzare ogni interazione, è pronto a sacrificare la fiducia degli utenti. Quella che una volta era l’app “sicura” per eccellenza, è ora solo un altro pezzo della gigantesca macchina della sorveglianza digitale.

E mentre Meta si muove indisturbata, il messaggio è chiaro: se vuoi difendere davvero la tua privacy, preparati a combattere. O a pagare.

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