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ACE e MPA sequestrano oltre 100 domini pirata in tre mesi

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Nel secondo trimestre del 2025, la crociata contro la pirateria digitale ha segnato un’altra ondata di sequestri: oltre 110 nuovi domini pirata sono stati sottratti e inglobati nell’immenso archivio della Motion Picture Association (MPA), su mandato della sua divisione d’élite: la Alliance for Creativity and Entertainment (ACE).

La strategia è sempre la stessa: prendere il dominio, disattivarlo, e reindirizzare gli utenti inconsapevoli verso un portale anti-pirateria, dove viene spiegato perché “guardare legale” è più sicuro. Ma questa macchina ben oliata, apparentemente efficace, nasconde diverse contraddizioni, e sta contribuendo a creare un panorama web sempre più confuso, frammentato e difficile da monitorare.

Domini usa e getta, DNS sacrificabili e un eterno gioco del gatto col topo

Se un tempo i domini erano beni digitali preziosi, da difendere con i denti, oggi sono merce di consumo, da registrare, bruciare e sostituire all’infinito. I gestori dei siti pirata, messi sotto pressione da sequestri e blocchi sempre più aggressivi, si sono adattati: cambiano dominio come si cambia maglietta, creando copie quasi identiche con un solo carattere diverso nel nome.

Risultato? Un’eternità di cloni, redirect, sottodomini e mirror che non solo sfidano la pazienza delle autorità, ma alimentano un disordine strutturale crescente. Anche per gli stessi utenti, il rischio di finire su siti-truffa o finti portali cresce esponenzialmente.

ACE lo sa bene, ed è per questo che ha puntato tutto su due bersagli chiave: il dominio e il DNS, ovvero i due pilastri che permettono a un sito pirata di esistere. Colpirli significa far crollare tutto, almeno per un po’.

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Ma tutto questo serve davvero a qualcosa?

In teoria, sequestrare e riassegnare domini dovrebbe scoraggiare chi distribuisce contenuti illegali. Ma nella pratica, ciò che sta emergendo è una spirale infinita di blocchi, elusioni, nuovi domini e nuovi sequestri.

Molti siti non lottano nemmeno più per sopravvivere su un dominio storico: appena uno viene chiuso, ne compare subito un altro, magari con lo stesso logo e gli stessi contenuti, ospitato su un hosting diverso e con un dominio registrato la settimana prima.
In certi casi, alcuni operatori sembrano volontariamente reindirizzare i loro domini sequestrati verso il portale di ACE, come a dire: “Ne abbiamo altri dieci pronti, tenete pure questo”.

Un portale educativo… ma anche tracciato

Chi tenta di visitare un dominio sequestrato da ACE/MPA viene automaticamente indirizzato a una landing page ben confezionata, senza minacce o tono intimidatorio. Lì viene spiegato perché affidarsi a siti legali è più sicuro e perché piratare contenuti è sbagliato.

Peccato, però, che anche questo portale sia dotato di sistemi di tracciamento. Nulla di eclatante rispetto ai rischi di un sito pirata infestato da malware, ma la raccolta dati unilaterale resta un dettaglio poco trasparente, soprattutto quando la retorica ufficiale parla di “sicurezza per gli utenti”.

Conclusione: la guerra ai domini è davvero sostenibile?

Il sequestro dei domini da parte di ACE e MPA continua a essere una delle operazioni anti-pirateria più estese al mondo, con centinaia di migliaia di utenti reindirizzati ogni mese. Eppure, l’efficacia di questa strategia è sempre più messa in discussione.

Nel frattempo, la pirateria si evolve, i domini diventano intercambiabili, e la sorveglianza si fa più sottile, ma anche più inquietante.
La vera domanda non è più “quanti domini ha sequestrato ACE?”, ma quanto ancora questo gioco del gatto col topo potrà continuare, e a che prezzo per l’intera struttura del web.

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