Aggiornamento Android choc: Gemini legge WhatsApp e Messaggi

Hai aggiornato Android il 7 luglio? Allora potresti aver appena dato il via libera all’intelligenza artificiale di Google, Gemini, per accedere a WhatsApp, Messaggi e altre app sensibili senza che tu te ne accorga davvero.
Sì, perché il nuovo aggiornamento attiva per default l’accesso alle app di terze parti, bypassando opzioni precedenti, notifiche trasparenti o veri opt-out. Il risultato? La tua privacy è diventata un’opzione, non un diritto.
L’intelligenza artificiale è entrata dalla porta sul retro
Sotto l’apparenza di progresso tecnologico, Google ha silenziosamente ampliato il potere di Gemini, rendendola capace di interagire direttamente con applicazioni crittografate come WhatsApp. Anche se avevi disattivato “Attività app Gemini”, l’accesso ora è possibile. E quando il tuo smartphone raccoglie dati, potrebbero finire sotto gli occhi di revisori umani e collaboratori esterni, che li “annotano per motivi di sicurezza”.
Google definisce questa operazione una “vittoria per l’utente”. Ma a molti sembra una vittoria per la sorveglianza.
Il paradosso della privacy: sei tu a dover combattere per difenderla
Il problema più grave non è solo ciò che Gemini può fare, ma quanto sia difficile impedirglielo. Le istruzioni ufficiali sono vaghe, le opzioni confuse, e la disinstallazione della IA richiede comandi ADB, strumenti da sviluppatori e una pazienza non alla portata dell’utente comune.
E mentre cerchi di spegnere Gemini, lei è già lì: integrata a livello di sistema, impossibile da rimuovere su molti dispositivi, proprio come accadeva con Internet Explorer nella Microsoft degli anni ’90.
Un déjà vu dell’era antitrust
Chi ha memoria ricorderà il processo antitrust del 1998 contro Microsoft. Oggi, invece di browser imposti, parliamo di intelligenze artificiali installate a forza, con funzioni attivate in silenzio e il consenso degli utenti dato per scontato.
Con la Digital Markets Act dell’Unione Europea in vigore dal 2023, i controllori digitali avrebbero dovuto limitare il loro strapotere. Ma l’applicazione è lenta, e intanto gli aggiornamenti fanno il lavoro sporco.

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Dietro l’automazione, il profitto
Gemini non è un assistente neutrale. È un motore di raccolta dati, una miniera d’oro per l’addestramento dell’IA, una spinta alla monetizzazione di massa. Proprio come Meta, LinkedIn o Microsoft, anche Google ora punta a trasformare ogni chat, ogni ricerca, ogni messaggio in carburante pubblicitario.
Quando si tratta di profitto, il consenso è un ostacolo, non un requisito.
La reazione: confusione, frustrazione e rabbia
Gli utenti non ci stanno. I forum di Reddit e Mastodon si sono riempiti di post allarmati: chi discuteva di armi, chi mandava messaggi intimi, chi semplicemente voleva restare fuori da questa rete invisibile, ora si chiede cosa Gemini abbia già visto.
E per chi tenta di disattivare l’accesso? L’unica guida ufficiale si limita a nascondere le opzioni più efficaci, mentre i tecnici più esperti segnalano errori anche con i comandi ADB.
Cosa puoi fare (ammesso che tu sappia come farlo)
Per gli utenti più smanettoni, ecco le (poche) contromisure:
- Disattiva Gemini: Impostazioni > App > Disattiva Gemini (ma non sempre funziona).
- Blocca l’accesso alle app: nelle impostazioni Gemini, disattiva le estensioni app una ad una.
- Limita la raccolta dati: disattiva “Attività app”, ma sappi che Google trattiene comunque dati per 72 ore.
La domanda finale: comodità o controllo?
Questo aggiornamento non è solo una nuova funzione. È un cambio di paradigma: la normalizzazione di un’IA che accede ai tuoi dati, agisce senza trasparenza e impone la propria presenza.
Sì, Gemini può essere utile. Ma quando la tecnologia si insinua nei tuoi messaggi senza chiedere permesso, non si tratta più di innovazione. È intrusione.
Come disse John Perry Barlow, padre della libertà digitale: “Stiamo formando il nostro mondo. È il nostro mondo.” Ma solo se iniziamo a difenderlo.
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