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Apple contro Musi: il caso giudiziario si accende tra accuse, email segrete e botta e risposta legali

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La battaglia legale tra Apple e l’app di streaming musicale Musi si fa sempre più tesa e intricata. Quello che all’inizio sembrava un semplice caso di rimozione di un’app dall’App Store si sta trasformando in un conflitto legale ad alta tensione, fatto di scambi velenosi, accuse incrociate e una fitta rete di comunicazioni tra colossi dell’industria musicale.

Tutto è iniziato nel settembre 2023, quando Apple ha deciso di rimuovere Musi dall’App Store, lasciando milioni di utenti senza accesso alla popolare app. La motivazione? Secondo alcuni gruppi dell’industria musicale, Musi sarebbe stata un’app “parassita”, accusata di aggirare le regole e sfruttare contenuti senza licenza diretta.

Dall’App Store al tribunale

Inizialmente, i creatori di Musi avevano sperato in un chiarimento privato con Apple. Ma quando ogni tentativo è fallito, hanno deciso di portare il caso in tribunale. La loro accusa è pesante: la rimozione dell’app non sarebbe stata casuale o indipendente, ma frutto di accordi riservati tra Apple, YouTube e importanti realtà musicali, come Sony Music e la National Music Publishers Association.

Musi ha parlato di un processo “inquinato”, costruito per estrometterla dal mercato in favore di “alleati” più graditi a Cupertino. Tuttavia, una prima richiesta di ingiunzione per far ripristinare l’app è stata respinta da un giudice californiano: secondo il tribunale, Apple non avrebbe agito in modo irragionevole.

Apple passa al contrattacco

Con la causa ancora aperta, qualche settimana fa è stata Apple a rilanciare, chiedendo al giudice di sanzionare Musi. Il motivo? Secondo l’azienda, la startup avrebbe presentato accuse false e infondate, incluso il sospetto di un “sistema di backchannel” – ovvero una rete segreta di comunicazioni tra Apple e i giganti dell’industria musicale per orchestrare la rimozione dell’app.

Apple afferma che le indagini condotte nel corso del processo hanno smentito completamente questa teoria, definendola una “cospirazione infondata”. Inoltre, accusa Musi di aver falsificato un’email di UMG (Universal Music Group) nel tentativo di ottenere in passato la riammissione nell’App Store. Anche questo, per Apple, sarebbe un comportamento sanzionabile.

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Musi non ci sta e ribalta la situazione

Ma la risposta di Musi non si è fatta attendere. La scorsa settimana, l’azienda ha controbattuto, sostenendo che la mozione di Apple sia solo una tattica per intimidire e “molestare” legalmente una realtà più piccola. Musi ha chiesto sanzioni a sua volta, accusando Apple di abuso del processo e di voler soffocare ogni forma di difesa.

Secondo Musi, le sue affermazioni sono fondate e supportate da documenti raccolti durante la fase istruttoria. Non si tratterebbe di accuse infondate, ma di elementi reali, tra cui email scambiate tra Apple e Sony, conversazioni con YouTube e incontri con le principali associazioni dell’industria musicale.

Una cronologia che solleva dubbi

La linea temporale fornita da Musi è dettagliata e precisa:

  • Aprile 2024: Sony chiede esplicitamente ad Apple di rimuovere Musi.
  • Maggio: seguono conversazioni tra Apple e YouTube sul caso.
  • Luglio: YouTube conferma la volontà di riprendere il reclamo contro l’app.
  • Agosto e settembre: Apple entra in contatto anche con la NMPA, che a sua volta appoggia il reclamo.

Secondo Musi, queste interazioni multiple e coordinate indicano che la rimozione non è stata casuale o automatica, ma il risultato di pressioni congiunte e valutazioni interne non trasparenti.

Una semplice rimozione? Per Musi, no

Apple sostiene che, in ogni caso, avrebbe potuto rimuovere l’app senza bisogno di segnalazioni o pressioni esterne. Ma Musi ribatte: se davvero Apple agisce in modo autonomo, perché tutto questo scambio di email, chiamate e incontri riservati?

Per rafforzare il proprio punto, Musi cita un’email interna di Apple che definisce la rimozione dell’app come un “processo complesso”, lontano quindi da un’azione semplice e immediata.

E adesso?

Il tribunale dovrà ora decidere se accogliere la richiesta di sanzioni di Apple, rigettarla o addirittura accogliere quella di Musi. Intanto, la causa continua a far discutere, sollevando interrogativi più ampi sul potere delle big tech, sulle pressioni delle major musicali e sulla trasparenza dei processi che regolano l’App Store.

Una cosa è certa: questa non è solo la storia di un’app rimossa, ma una battaglia per la sopravvivenza tra una piccola realtà e un colosso globale. E il verdetto potrebbe avere conseguenze che vanno ben oltre il caso Musi.

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