beIN accusa: “I problemi al RIPE NCC proteggono i pirati online”

Nel suo ultimo intervento all’USTR, beIN Media Group — in collaborazione con Miramax — ha acceso i riflettori su un tema esplosivo: secondo il gruppo, i difetti di governance e trasparenza del RIPE NCC, l’ente europeo che assegna indirizzi IP e numerazioni di rete, stanno di fatto aiutando i provider “a prova di bomba” a proteggere e mantenere online le piattaforme di pirateria su larga scala.
La denuncia arriva nell’ambito della revisione 2025 dei “mercati famigerati” dell’USTR (U.S. Trade Representative), dove le grandi aziende dell’intrattenimento presentano i principali nodi globali della pirateria digitale. E secondo beIN, oggi il vero problema non sono i singoli siti, ma l’infrastruttura invisibile che li alimenta.
Piracy-as-a-Service: la nuova filiera del crimine digitale
BeIN descrive un sistema ormai industrializzato: la cosiddetta Piracy-as-a-Service (PaaS).
Dietro ogni sito di streaming illegale si nasconde un fornitore tecnico, spesso collocato in Paesi che ignorano o eludono le richieste di rimozione, e che fornisce strumenti completi per clonare, replicare e distribuire flussi video pirata con facilità.
Queste piattaforme — come ePlayer, Aliez, WG/OBStream e Cast/Hoca — offrono tutto ciò che serve a chi vuole creare un sito di streaming illegale: dai player ai server offshore, fino ai sistemi per cambiare dominio in tempo reale e aggirare i blocchi.
BeIN ha calcolato che, solo tra luglio 2024 e giugno 2025, queste infrastrutture hanno alimentato oltre 270 siti pirata in grado di totalizzare più di 3,2 miliardi di visite.

I veri colpevoli? I provider “a prova di bomba”
L’emittente sottolinea che il vero tallone d’Achille della lotta alla pirateria non sono i siti di facciata, ma i provider di hosting offshore, spesso noti come “bulletproof hosters”.
Questi operatori — dislocati in Paesi con regolamentazioni opache o in territori extra-giurisdizionali — ignorano sistematicamente le notifiche DMCA e permettono ai pirati di rimanere operativi anche dopo centinaia di segnalazioni.
BeIN cita anche i casi di Earthlink, Newroz Telecom, Shams Telecom e Halasat, accusati di fornire accesso diretto a contenuti pirata integrati persino nei pacchetti internet di base. In alcune zone dell’Iraq e del Medio Oriente, la pirateria IPTV sarebbe ormai “alla luce del sole”, parte integrante delle offerte commerciali degli ISP.
RIPE NCC nel mirino: “registrazioni false e mancanza di controlli”
Il cuore della denuncia è diretto al RIPE NCC, l’organismo europeo che gestisce gli indirizzi IP nella regione EMEA.
Secondo beIN, diversi provider abusano del sistema RIPE inserendo dati falsi o incompleti nei registri pubblici, impedendo così a titolari di diritti o autorità di risalire ai veri gestori dei server incriminati.
“Alcuni provider non autorizzati pubblicano indirizzi email falsi, sedi inesistenti o condivise con decine di entità anonime.
Questo rende impossibile contattarli o notificare la violazione”, spiega beIN nel documento all’USTR.
Il risultato è un vuoto legale e tecnico: senza un riferimento preciso, le aziende non possono esercitare pressioni o intentare cause contro i fornitori che ospitano piattaforme pirata.
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Quando le leggi non bastano
Negli ultimi anni, le campagne di blocco dei siti — come quella di DAZN, che nel 2024 ha ottenuto la più estesa ingiunzione mai emessa in Europa — hanno dimostrato di poter colpire duramente le reti pirata. Ma gli effetti restano solo temporanei: ogni dominio chiuso viene rapidamente sostituito da nuovi indirizzi e mirror.
BeIN sostiene che la repressione a valle non basta più. Bisogna agire a monte, sugli snodi tecnici, colpendo i provider che ospitano, proteggono e monetizzano i flussi illeciti.
Senza un intervento deciso a livello di governance di rete, l’ecosistema della pirateria resterà immune ai blocchi e alle denunce.

“Governance debole e know-how inesistente”
La critica più dura di beIN riguarda la mancanza di controllo effettivo da parte del RIPE NCC sui propri membri.
L’organizzazione, secondo il gruppo, “non verifica a fondo chi registra le risorse IP, accettando anche informazioni palesemente fasulle”.
Questo apre la porta a operatori ombra che sfruttano la struttura legale europea per coprire operazioni illegali su scala globale.
BeIN aveva già portato la questione al RIPE Meeting 89 nel 2024, chiedendo maggiore trasparenza e collaborazione per aiutare le autorità a rintracciare i provider che ospitano contenuti pirata.
Un appello all’azione
Il messaggio finale è chiaro:
“Finché esisteranno server anonimi, provider offshore e sistemi di registrazione non verificati, la pirateria non potrà mai essere eliminata.”
Per beIN, la lotta al fenomeno non deve più concentrarsi sui piccoli siti “di facciata”, ma su chi fornisce l’infrastruttura tecnica e la copertura legale che consente loro di sopravvivere.
In altre parole, non basta spegnere le teste dell’Hydra: bisogna tagliare l’alimentazione che la tiene in vita.
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