Calciatori indagati e VAR ridicolo: questo calcio mi disgusta!
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Un altro scandalo travolge il calcio italiano, un colpo che scuote ulteriormente un sistema già fragile, minato da anni di polemiche e sfiducia. La Procura di Milano ha messo sotto indagine dodici calciatori di Serie A per scommesse su piattaforme illegali, nomi pesanti che fanno rumore: da Sandro Tonali e Nicolò Fagioli, appena rientrati dopo squalifiche, a nazionali come Raul Bellanova e Samuele Ricci, fino a stelle internazionali come Angel Di Maria, Leandro Paredes, Nicolò Zaniolo e Alessandro Florenzi. Completano la lista Weston McKennie, Mattia Perin, Matteo Cancellieri, Cristian Bonaiuto e persino il difensore dominicano Firpo del Leeds United. Non solo calcio: tra gli scommettitori spunta anche il tennista Matteo Gigante.
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Torino, parlano chiaro: le scommesse, effettuate tra dicembre 2021 e ottobre 2023, non riguardavano partite di calcio, ma altri sport e piattaforme di poker online, tutte rigorosamente illegali. Il sequestro di un milione e mezzo di euro e cinque richieste di arresti domiciliari per i gestori delle piattaforme sono solo la punta dell’iceberg. L’inchiesta è partita dalle chat intercettate nei telefoni di Tonali e Fagioli, rivelando un sistema tanto semplice quanto inquietante.
I calciatori ottenevano credito dagli organizzatori delle scommesse, ma quando i debiti crescevano, entrava in gioco una gioielleria milanese. Qui, con bonifici fittizi, venivano “acquistati” Rolex e orologi di lusso che, in realtà, restavano in negozio: un modo per ripulire il denaro e saldare i debiti. In alternativa, prestanome fornivano carte Postepay, Revolut o conti correnti per chiudere le pendenze. Come dichiarato dal sostituto procuratore Matteo Viola, tutto era studiato per «ostacolare la tracciabilità del denaro e nascondere il beneficiario reale».

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Questo scandalo non è che l’ennesima crepa in un calcio italiano che sembra aver perso ogni briciolo di credibilità. E se le scommesse illegali sono un problema grave, c’è un altro spettro che aleggia sui campi: il VAR. Nato per garantire giustizia, il Video Assistant Referee si è trasformato in un’arma a doppio taglio, rendendo il calcio non più trasparente, ma paradossalmente più vulnerabile alla manipolazione. Le decisioni prese in cabina, spesso soggettive e contraddittorie, alimentano sospetti e polemiche.

Errori clamorosi, rigori assegnati o negati senza logica, fuorigioco millimetrici che cambiano il destino di una partita: il VAR non ha eliminato i dubbi, li ha amplificati. Ogni settimana si discute di episodi che sembrano pilotati, di arbitri che “scelgono” cosa rivedere e cosa ignorare. In un contesto del genere, con milioni di euro che girano tra sponsor, diritti TV e scommesse, è inevitabile chiedersi: chi controlla davvero?
Il calcio, quello che un tempo era passione pura, è diventato un’industria corrotta, dove il denaro sporco e le decisioni opache la fanno da padrone. I tifosi, sempre più disgustati, si ritrovano a chiedersi se valga ancora la pena credere in questo sport. Gli scandali come quello delle scommesse illegali non sono casi isolati, ma sintomi di un sistema marcio fino al midollo. E il VAR, invece di essere la soluzione, è diventato parte del problema, un altro strumento che alimenta la sensazione che nulla sia lasciato al caso. Forse è arrivato il momento di dire basta: il calcio italiano non è più uno sport, ma un gioco truccato dove a vincere sono sempre gli stessi. E non sono i tifosi.
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