Cloudflare contro l’Europa: scontro globale sul blocco dei siti pirata

Il caso Canal+ in Francia ha riacceso uno dei conflitti più delicati del web moderno: la guerra tra piattaforme tecnologiche e autorità europee sulla censura dei contenuti pirata. Tutto è partito da un’ingiunzione storica: il tribunale francese ha ordinato a Cloudflare e Google di bloccare l’accesso a una lista di siti di streaming illegali, un provvedimento che Canal+ considera un successo. Ma non tutti la pensano così.
Secondo l’avvocato Richard Willemant, che ha rappresentato Canal+, le misure hanno portato a “progressi misurabili”. Tuttavia, Cloudflare avrebbe deciso autonomamente quali domini oscurare, suscitando il sospetto che l’azienda americana stia sfidando apertamente la giurisdizione europea.
Intanto, oltre Atlantico, gli Stati Uniti hanno ordinato ai propri diplomatici di opporsi al nuovo diritto UE che obbliga le aziende tecnologiche a collaborare con i titolari dei diritti. Il messaggio è chiaro: Washington non intende accettare norme europee che limitano la libertà delle sue Big Tech.
L’Europa intensifica la lotta: dal DNS alle VPN
Negli ultimi anni, l’industria sportiva e dell’intrattenimento europea ha denunciato l’inefficacia dei metodi tradizionali contro la pirateria, soprattutto per gli eventi live. Da qui la svolta.
In Francia, Canal+ ha ottenuto dal tribunale il permesso di colpire direttamente i resolver DNS pubblici, cioè i sistemi che traducono gli indirizzi web in domini accessibili. L’obiettivo? Impedire agli utenti di bypassare i blocchi imposti dagli ISP.
Il risultato è stato immediato: OpenDNS ha ritirato i suoi servizi in Francia dopo l’ingiunzione, mentre Cloudflare e Google si sono trovate sotto pressione legale.
Ma la guerra non si ferma qui. Willemant, forte del precedente, ha esteso la battaglia anche alle VPN commerciali — tra cui NordVPN, Proton, CyberGhost, ExpressVPN e Surfshark — chiedendo che blocchino i siti pirata accessibili in territorio francese.
Secondo i dati forniti da ARCOM, l’autorità francese per le comunicazioni, le misure combinate di blocco DNS e VPN avrebbero ridotto la pirateria del 15%, una cifra che, seppur contestata, viene presentata come “prova dell’efficacia del sistema”.

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Cloudflare resiste: libertà di rete contro censura digitale
Dietro le quinte, però, la tensione cresce. Willemant ammette che, nonostante i risultati, l’applicazione dei blocchi non è sempre possibile. Cloudflare, in particolare, ha adottato un approccio ambiguo: collabora solo in parte, scegliendo in autonomia cosa bloccare.
Il problema, spiegano i tribunali francesi, è che questo comportamento rischia di vanificare mesi di sforzi legali. Le multe previste per il mancato rispetto delle ingiunzioni — fino a 30.000 euro — raramente vengono applicate con rigore, rendendo l’intero sistema poco efficace.
L’avvocato sottolinea anche che “l’opposizione al blocco si fa sentire nell’arena giudiziaria, normativa e politica”. E in effetti, il conflitto non si limita più a una questione di diritti d’autore: è diventato un braccio di ferro geopolitico tra Europa e Stati Uniti su chi controlla la rete.
Gli Stati Uniti scendono in campo: “Il DSA minaccia la libertà di parola”
Dalla Casa Bianca arriva la risposta: il governo americano ha incaricato i diplomatici di opporsi apertamente al Digital Services Act (DSA), la nuova normativa UE che obbliga gli intermediari a collaborare contro la pirateria.
Un dispaccio intitolato Action Request, diffuso da Reuters, rivela che gli Stati Uniti chiedono ai loro ambasciatori di fare pressione sui governi europei per limitare o abrogare le parti del DSA considerate “lesive della libertà d’espressione”.
La mossa ha un chiaro obiettivo politico: difendere le aziende americane come Cloudflare, Google e Meta, che vedono nel DSA una forma di censura e un pericoloso precedente giuridico. Alcuni deputati repubblicani lo definiscono “una minaccia straniera che vuole imporre la censura politica negli Stati Uniti”.
Pirateria o sovranità digitale? Il nodo politico dell’internet globale
Il conflitto tra UE e USA segna un punto di non ritorno: la lotta alla pirateria sta diventando un terreno di scontro tra libertà digitali e controllo statale.
Da un lato, l’Europa chiede più potere ai regolatori per contrastare la pirateria, bloccando DNS, VPN e piattaforme “non collaborative”. Dall’altro, gli Stati Uniti difendono un internet aperto, dove i fornitori di servizi non siano costretti a diventare strumenti di censura.
Ma dietro la retorica della “libertà di parola” si nasconde una battaglia economica: quella per il controllo dell’infrastruttura digitale mondiale. E mentre Cloudflare resiste, l’UE prepara nuovi strumenti per imporre la sua visione di una rete “più pulita” — anche a costo di spezzarne la neutralità.
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