Commenti pilotati e accuse: è guerra tra Telegram e WhatsApp

La rivalità tra Telegram e WhatsApp è tutt’altro che nuova, ma negli ultimi giorni ha raggiunto un nuovo picco di tensione. A riaccendere la miccia è stato Pavel Durov, il carismatico e spesso provocatorio fondatore di Telegram, che ha lanciato un’accusa diretta e senza mezzi termini: WhatsApp starebbe pagando per diffondere critiche contro Telegram… direttamente sui suoi canali.
Sì, hai letto bene. Secondo Durov, il team di WhatsApp – o qualcuno per conto loro – avrebbe acquistato commenti negativi in post pubblicati su canali Telegram, in particolare quelli in lingua russa. Nei messaggi incriminati, Telegram viene descritto come un’app che “ospita truffe” e “bombarda gli utenti di pubblicità”, mentre WhatsApp viene esaltata come un’alternativa più pulita, gratuita e priva di fastidiosi banner.
Come prova, Durov ha pubblicato degli screenshot, accusando il colosso rivale di essersi “ridotto a comprare consensi” pur di difendere la propria posizione. Ma non si è fermato lì.


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In un messaggio pungente, il fondatore russo ha affermato:
“I nostri concorrenti sono diventati disperati. Ora si promuovono dentro Telegram. Prima lo facevano con articoli a pagamento sulla stampa occidentale. Forse dovrebbero usare il loro budget miliardario per innovare, invece di tentare di sabotarci.”
Durov ha poi colto l’occasione per ribadire la superiorità tecnologica di Telegram rispetto a WhatsApp, sostenendo che il divario tra le due piattaforme “cresce di mese in mese”. E per rafforzare le sue parole, ha annunciato una nuova funzionalità di chiamate di gruppo ultra sicure, già disponibile da pochi giorni, che punta a rivoluzionare la comunicazione audio su larga scala.
La tensione tra i due giganti della messaggistica è diventata ormai una guerra fredda digitale. Da una parte, WhatsApp con il suo bacino miliardario di utenti e l’appoggio del gruppo Meta. Dall’altra, Telegram con il suo spirito indipendente, un’anima più “tech-oriented” e un fondatore che non ha paura di sparare a zero.
In un panorama in cui la privacy, la sicurezza e la libertà d’espressione sono diventate temi centrali, ogni aggiornamento, ogni dichiarazione e ogni funzione può diventare un colpo ben assestato. E stavolta, è stato Durov a sparare per primo.
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