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Coscienza quantistica: e se l’universo stesse pensando attraverso di noi?

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E se la coscienza non fosse solo un’attività del cervello, ma una finestra sull’intero universo quantistico? Secondo un gruppo di ricercatori, tra cui il neuroscienziato Mike Wiest, il fisico Jack Tuszynski e i celebri teorici Roger Penrose e Stuart Hameroff, la mente umana potrebbe emergere da processi quantistici profondi, nascosti nel cuore stesso delle nostre cellule cerebrali. E potremmo essere più connessi al cosmo di quanto immaginiamo.

Microtubuli: i fili invisibili tra il cervello e il cosmo

Per secoli abbiamo creduto che la coscienza fosse il frutto di impulsi elettrici e sinapsi, un effetto collaterale dell’attività cerebrale. Ma una nuova visione si fa strada: la coscienza come fenomeno quantistico, generata da collassi della funzione d’onda all’interno dei microtubuli, minuscole strutture presenti nei neuroni.

Esperimenti recenti sui ratti suggeriscono che manipolando questi microtubuli con farmaci, è possibile ritardare la perdita di coscienza durante l’anestesia. Un piccolo dettaglio? No, è un indizio potente. Significa che questi “cilindri proteici” non sono spettatori, ma parte attiva della mente stessa.

Una coscienza che vibra nell’invisibile

Secondo la teoria chiamata Orch OR (Orchestrated Objective Reduction), ogni istante di consapevolezza è il frutto di un evento quantistico all’interno del cervello. Ma come può tutto ciò avvenire a temperature corporee, in un ambiente apparentemente inadatto alla fisica quantistica?

Eppure, accade. La ricerca mostra che la vita stessa ha imparato a “domare” la meccanica quantistica: dalla fotosintesi nelle piante fino alle misteriose cavità nella guaina mielinica, che potrebbero ospitare fotoni entangled dentro il nostro stesso sistema nervoso.

Nel 2024, la University of Central Florida ha osservato segnali quantistici all’interno dei microtubuli che persistono per centinaia di millisecondi: tempi coerenti con l’esperienza umana. Non è più solo teoria, è una realtà osservabile.

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La coscienza oltre il cervello: entanglement cosmico?

La vera provocazione arriva qui: se i microtubuli sono capaci di mantenere coerenza quantistica, allora potrebbero essere connessi tra loro oltre i confini dello spazio-tempo. L’entanglement quantistico potrebbe legare le nostre menti a un campo più grande, una rete universale che ricorda antiche intuizioni spirituali.

Le equazioni di Penrose suggeriscono che la coscienza potrebbe estendersi su scala interstellare. L’universo stesso potrebbe “pensare” attraverso noi. Ogni esperienza soggettiva sarebbe, in realtà, un nodo in un arazzo cosmico.

Oltre la scienza: un cambio di paradigma

Sì, gli scettici restano. Richiedono prove ripetibili, previsioni verificabili, dati solidi. Ma gli strumenti stanno arrivando. Scanner terahertz stanno cercando di rilevare vibrazioni nei microtubuli durante anestesia e sonno. I primi dati? I segnali scompaiono sotto anestesia e tornano al risveglio. Una potenziale firma quantistica della coscienza.

Se confermato, questo approccio cambierà il volto della medicina, delle neuroscienze, e persino della tecnologia: reti quantistiche ispirate al cervello umano, capaci di processare emozioni, esperienze e significato.

La coscienza è un riflesso dell’universo?

Siamo forse frammenti consapevoli di un tutto più grande? Se la coscienza nasce davvero da processi quantistici intrecciati con le leggi più profonde della realtà, allora la separazione tra mente e materia si dissolve.

Non siamo semplici osservatori dell’universo, ma parte della sua autoconsapevolezza. Non è solo scienza: è la riscoperta di un legame antico, dove fisica, biologia e spiritualità non si contrappongono, ma convergono in un’unica visione del mondo.

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