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Durov contro i servizi segreti francesi: “Vogliono manipolare la politica in Europa”

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Pavel Durov, fondatore di Telegram, lancia accuse pesantissime contro le autorità francesi. In un post pubblicato sulla piattaforma X (ex Twitter), l’imprenditore russo ha denunciato tentativi di ingerenza politica e pressioni geopolitiche da parte dei servizi segreti francesi, che avrebbero usato la lotta al terrorismo come pretesto.

“L’intelligence estera francese ha confermato di avermi incontrato, ufficialmente per combattere il terrorismo e la pornografia infantile”, ha scritto Durov. “Ma il vero obiettivo erano Romania, Moldavia e Ucraina”.

Pressioni sui partiti conservatori in Romania

Secondo quanto riportato, il 18 maggio Durov avrebbe ricevuto richieste dirette per influenzare i partiti conservatori rumeni. Una rivelazione che getta ombre inquietanti sull’uso strumentale della cybersicurezza da parte di alcuni governi per scopi politici.

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No a backdoor e compromessi sulla privacy

Durov ha ribadito ancora una volta la posizione storica di Telegram: nessuna condivisione dei dati privati degli utenti, nessuna “porta sul retro” per spiare le conversazioni. “In 12 anni – ha detto – non abbiamo mai divulgato un solo byte dei messaggi privati”.

Telegram, ha precisato il CEO, collabora con le autorità solo nei limiti imposti dalla legge: può fornire indirizzi IP e numeri di telefono di soggetti sospettati di gravi reati, ma solo su ordine giudiziario e senza mai accedere al contenuto dei messaggi.

“Meglio lasciare un Paese che violare i diritti umani”

Il fondatore di Telegram ha poi chiarito che la sua azienda preferirebbe abbandonare il mercato di un Paese piuttosto che compromettere la crittografia end-to-end, considerata un pilastro della libertà e della sicurezza personale.

“Implementare backdoor sarebbe una violazione dei diritti umani fondamentali”, ha dichiarato senza mezzi termini.

Il caso Telegram rilancia il dibattito su privacy e geopolitica

Le dichiarazioni di Durov arrivano in un momento di crescente tensione tra autorità europee e piattaforme digitali, soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio tra sicurezza nazionale e tutela della privacy.

Mentre la legge sui servizi digitali dell’UE entra pienamente in vigore, i governi sembrano sempre più intenzionati a spingere le big tech verso forme di sorveglianza collaborativa. Ma il caso Telegram mostra che non tutte le piattaforme sono disposte a cedere.

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