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Germania blocca il Chat Control: l’UE voleva leggere i nostri messaggi “per proteggerci”

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L’Unione Europea torna a scontrarsi con i suoi stessi limiti: la Germania ha detto no al Chat Control, il controverso piano che avrebbe permesso di scansionare messaggi privati, chat e immagini con l’obiettivo dichiarato di combattere l’abuso sui minori. Un progetto che molti, però, hanno definito per quello che realmente è: una forma di sorveglianza di massa preventiva, travestita da sicurezza.

Il veto tedesco che ha fatto saltare il piano dell’Unione

Dopo settimane di pressioni da parte di cittadini, giuristi e associazioni per la tutela della privacy, Berlino si è ufficialmente sfilata dal fronte dei Paesi favorevoli al regolamento. Senza la Germania — che rappresenta da sola 83 milioni di abitanti — la proposta non raggiunge la maggioranza demografica qualificata richiesta per essere approvata nel Consiglio dell’Unione Europea.

Il risultato è chiaro: il Chat Control si ferma. Almeno per ora.

Il colpo di grazia è arrivato dalle dichiarazioni di Jens Spahn, capogruppo della CDU/CSU al Bundestag:

“Siamo contrari al controllo senza motivo delle chat. Sarebbe come aprire tutte le lettere per vedere se contengono qualcosa di illecito. Questo non è accettabile e non accadrà con noi.”

Una frase che riassume perfettamente la sproporzione del provvedimento. Nella lotta (giustissima) contro i crimini online, l’Unione Europea stava per oltrepassare il confine tra protezione e intrusione.

Quando la “sicurezza” diventa un pretesto per la sorveglianza

Il Chat Control, ideato sotto la spinta della commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson, avrebbe imposto alle piattaforme digitali — da WhatsApp a Signal, da Telegram a iMessage — di scansionare automaticamente ogni contenuto privato, anche cifrato, per individuare potenziali abusi o immagini pedopornografiche.

Ma i critici l’hanno subito ribattezzato “scanner delle coscienze”. Perché non si trattava di un sistema mirato su soggetti sospetti, ma di una sorveglianza universale, preventiva e automatizzata, in palese conflitto con il diritto alla riservatezza garantito dalle costituzioni europee.

In pratica, ogni messaggio privato — anche tra adulti consenzienti, familiari, amici o colleghi — avrebbe potuto essere analizzato da un algoritmo. Una misura che, come hanno osservato diversi esperti di crittografia, avrebbe minato alla base la fiducia nei sistemi di comunicazione sicura.

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Patrick Breyer: “Una vittoria storica per la libertà digitale”

Tra i più accesi oppositori del Chat Control c’è Patrick Breyer, ex eurodeputato del Partito dei Pirati, da anni in prima linea contro le politiche di sorveglianza indiscriminata dell’Unione Europea.

“La decisione tedesca è una vittoria storica per la libertà digitale”, ha dichiarato.
Secondo Breyer, senza la mobilitazione di cittadini, attivisti e scienziati, l’UE avrebbe approvato una legge capace di trasformare ogni cittadino in un potenziale sospettato.

Il politico ha ribadito che la tutela dei minori non può e non deve giustificare la violazione della privacy di milioni di persone. Esistono alternative tecnologiche, come la “sicurezza by design”, che possono rafforzare i controlli e la prevenzione senza ricorrere alla scansione dei messaggi privati.

L’Europa tra protezione e controllo: un equilibrio sempre più fragile

Il blocco tedesco al Chat Control è solo l’ultimo episodio di una tendenza che preoccupa: l’Europa che difende la privacy a parole, ma nei fatti la sacrifica in nome della sicurezza.

Dopo il Digital Services Act, il Digital Markets Act e le pressioni per l’introduzione dell’identità digitale obbligatoria, il Chat Control sembrava il tassello finale di un mosaico sempre più orientato al controllo capillare dell’attività online dei cittadini europei.

L’intento dichiarato — proteggere i minori — è nobile, ma lo strumento scelto è pericoloso. Perché se accetti che lo Stato o un algoritmo leggano le tue chat “per il tuo bene”, domani potrebbero farlo “per la tua sicurezza”, dopodomani “per la stabilità sociale”.

E a quel punto, la differenza tra democrazia e sorveglianza diventerebbe solo una questione semantica.

L’Italia resta in silenzio

Nella mappa dei Paesi europei, l’Italia si colloca tra gli indecisi. Non ha ancora preso una posizione chiara, oscillando tra la volontà di “proteggere i minori” e la necessità di non allinearsi a un sistema che rischia di violare la Costituzione.

Ma se la Germania, da sempre colonna portante dell’Unione, ha scelto di dire no, sarà difficile per gli altri governi giustificare un sì.

La sorveglianza preventiva non è sicurezza

Il caso Chat Control mette in luce una verità scomoda: ogni volta che si invoca la sicurezza come pretesto assoluto, la privacy diventa la prima vittima collaterale.

La Germania ha ricordato all’Europa che non si difende la libertà distruggendo la riservatezza. E che la sicurezza digitale non può fondarsi sulla presunzione di colpevolezza verso i cittadini.

La tecnologia evolve, ma i principi democratici dovrebbero restare fermi. Altrimenti, rischiamo di ritrovarci in un continente dove ogni parola scritta, ogni immagine inviata, ogni pensiero espresso — persino quello più innocente — sarà esaminato da un algoritmo “per il nostro bene”.

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