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Kojima e “The Matrix”: la storia del rifiuto che… non è mai avvenuta

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Una voce ha incendiato il web: secondo diversi media, oltre vent’anni fa i fratelli Wachowski avrebbero proposto a Hideo Kojima di creare un videogioco ufficiale basato su The Matrix, ma il leggendario autore giapponese avrebbe rifiutato con fermezza. Una notizia perfetta per far sognare i fan — e creare scalpore — se non fosse per un piccolo dettaglio: non è vera.
Ed è stato proprio Kojima a dirlo.

Tutto è partito da una dichiarazione attribuita a Christopher Bergstresser, ex responsabile delle licenze di Konami, secondo cui i Wachowski avrebbero contattato l’azienda chiedendo un incontro con Kojima. Fin qui, nulla di strano. La storia poi proseguiva raccontando che, durante le trattative, il game designer avrebbe ascoltato la proposta e avrebbe risposto con un deciso rifiuto.

Una rivelazione che ha subito fatto il giro dei social e dei portali gaming, alimentando l’idea di un “Matrix game” che non è mai nato per scelta del suo presunto autore. Ma la voce, seppur affascinante, si è rivelata una narrativa completamente distorta.

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La smentita diretta: “Nessuno mi ha mai offerto Matrix”

Kojima ha risposto pubblicamente, spiegando di non aver mai ricevuto una proposta del genere. Non solo: ha aggiunto che conosce davvero i Wachowski e di averli incontrati personalmente in tre occasioni durante la promozione di The Matrix in Giappone. Come prova, ha perfino mostrato una videocassetta firmata dal duo.

Se mai ci fosse stato un contatto ufficiale, insomma, lui lo ricorderebbe. Eppure, nonostante la smentita chiara e il supporto di prove, la narrazione “Kojima rifiuta Matrix” aveva già catturato l’immaginazione collettiva — il potere delle leggende digitali.

E anche se l’idea di un videogioco di The Matrix firmato da Kojima suona incredibilmente suggestiva, il creatore ha messo in chiaro un ultimo dettaglio: all’epoca era completamente assorbito da Metal Gear Solid 2. Un impegno totale, che rende ancor più improbabile l’ipotesi che avrebbe potuto accettare un progetto parallelo così enorme.

Un peccato? Forse. Ma la storia dimostra ancora una volta quanto velocemente un’eco social possa trasformarsi in “verità”, anche quando si parla di uno dei nomi più autorevoli dell’industria videoludica.

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