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La battaglia tra Universal Music e Cloudflare che può riscrivere le regole della pirateria online in Europa

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La storia inizia quasi in sordina: un album di Sarah Connor finito su un sito pirata tedesco. Un episodio come tanti, che però si è trasformato in un caso destinato a cambiare il modo in cui l’Europa definisce la responsabilità nella pirateria digitale.
La disputa tra Universal Music e Cloudflare, infatti, è ormai finita nel cuore delle istituzioni giudiziarie europee, fino a coinvolgere direttamente la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).
E ciò che emergerà da questo scontro potrebbe rivoluzionare non solo il ruolo delle CDN, ma l’intero ecosistema della distribuzione dei contenuti su Internet.

La vicenda nasce in Germania, dove la filiale locale di Universal Music ha portato Cloudflare in tribunale accusandola di aver fornito servizi al sito pirata DDL-Music, un portale che non ospitava direttamente i file, ma collegava gli utenti a cyberlocker terzi come Nitroflare.

A giugno 2019 Universal ha segnalato la violazione a Cloudflare, fornendo una lista di link che conducevano a copie illegali di brani di Sarah Connor. La cosa sembrava destinata a rimanere un caso minore, fino a quando, all’inizio del 2020, gli utenti di DDL-Music non hanno visto comparire un messaggio insolito: Errore 451, uno dei più rari della rete, associato a contenuti rimossi per motivi legali.

La spiegazione? Universal aveva ottenuto un’ingiunzione preliminare che obbligava Cloudflare a interrompere i suoi servizi CDN verso il sito pirata, pena una multa fino a 250.000 euro o addirittura una pena detentiva per l’amministratore delegato dell’azienda.

Cloudflare non l’ha presa bene e ha fatto ricorso. Ma anche il Tribunale regionale superiore di Colonia, nel 2023, ha confermato la responsabilità dell’azienda. Una seconda battuta d’arresto che ha portato la disputa fino alla Corte federale di giustizia tedesca.
Ed è qui che la storia ha preso una svolta epocale.

La posta in gioco: la responsabilità delle CDN e il confine tra collegamento e hosting

Quando la più alta corte tedesca si è trovata davanti a un caso che può ridefinire l’intero concetto di “responsabilità” nella pirateria digitale, ha deciso di non muoversi da sola. Per questo ha interpellato la Corte di giustizia dell’Unione europea, chiedendo chiarimenti su due questioni cruciali che potrebbero cambiare la vita di CDN, piattaforme web, hosting provider e siti di collegamento.

1. Collegare un file illegale equivale a “metterlo a disposizione del pubblico”?

DDL-Music non ospitava direttamente i file piratati: offriva link verso cyberlocker di terze parti.
Il punto per i giudici è capire se anche chi pubblica solo un link possa essere ritenuto responsabile della violazione.

Il tribunale federale tedesco parte da un presupposto: per rendere un’opera “disponibile” serve controllo sul file. Ma la giurisprudenza europea non è sempre stata così lineare: in alcuni casi ha considerato il semplice link come una “comunicazione al pubblico”.

E qui nasce la domanda rivoluzionaria posta alla CGUE:

Un sito che pubblica link verso contenuti pirati sta “mettendo a disposizione” l’opera?
E se sì, a quali condizioni?

Una risposta netta potrebbe riscrivere anni di interpretazioni su torrent, cyberlocker, streaming illegale e perfino piattaforme social.

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La seconda grande domanda: Cloudflare è un host o un servizio di caching?

Il nodo più complesso riguarda il ruolo stesso di Cloudflare.

La CDN si considera un intermediario neutrale, che memorizza temporaneamente contenuti solo per velocizzare la distribuzione. Universal vede la cosa in modo molto diverso: alcuni file possono rimanere nella cache di Cloudflare fino a un anno intero.
E questo, secondo l’etichetta giuridica, potrebbe già somigliare più a hosting che a caching.

Per questo la Corte tedesca chiede alla CGUE:

I criteri usati per YouTube e altri hosting provider valgono anche per le CDN?
Oppure le CDN devono essere valutate con regole completamente diverse?

La risposta è tutto tranne che banale.
Se una CDN viene considerata “hosting attivo”, allora perde molte delle protezioni che oggi la rendono non responsabile dei contenuti dei clienti.
E sarebbe costretta a intervenire direttamente contro i contenuti pirata, rendendo la sua attività molto più simile a quella di un controllore editoriale.

Il verdetto che può riscrivere Internet

La CGUE affronterà la questione nel corso del prossimo anno, e il risultato sarà osservato con attenzione da:

  • tutte le CDN globali
  • le major discografiche e cinematografiche
  • i fornitori di infrastrutture Internet
  • siti di streaming
  • piattaforme video
  • hosting provider

Una decisione a favore di Universal potrebbe creare un effetto domino, imponendo nuove responsabilità e forse anche nuove barriere operative per servizi come Cloudflare.
Una decisione che invece rafforza l’idea di caching “funzionale” potrebbe consolidare il ruolo neutrale delle CDN, proteggendo l’infrastruttura che sostiene gran parte del traffico europeo.

Nel frattempo, resta aperto un altro nodo tecnico: per quanto tempo può essere considerata “temporanea” una cache?
I giudici tedeschi, sorprendentemente, sembrano non voler basare la risposta sul tempo, ma sulla funzione: se un file rimane nella cache a lungo per migliorare velocità e sicurezza, potrebbe comunque rientrare nella categoria “caching”.

Ma se la CGUE decidesse il contrario, aprirebbe la porta a nuove responsabilità dirette per Cloudflare e tutte le CDN.

Il futuro della pirateria, e forse di Internet stesso, si giocherà nei prossimi mesi nelle stanze della Corte di giustizia europea.

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