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Le truffe diventano smart: gli hacker usano l’IA di OpenAI per lo spam

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Un sofisticato bot anti-spam, soprannominato AkiraBot, ha sfruttato l’intelligenza artificiale per inondare decine di migliaia di siti web con messaggi indesiderati, mettendo in luce le potenzialità e i rischi dell’IA generativa. Secondo un rapporto degli esperti di sicurezza informatica di SentinelOne, il bot ha utilizzato il modello GPT-4o-mini di OpenAI tramite la sua API per creare commenti spam altamente personalizzati, capaci di aggirare i filtri tradizionali. Con una campagna che ha colpito almeno 80.000 siti web, AkiraBot rappresenta una nuova frontiera dello spam automatizzato. Ecco cosa è successo e cosa significa per la sicurezza online.

Un attacco mirato e intelligente

Scoperto per la prima volta nel settembre 2024, AkiraBot si è rivelato un avversario insidioso per i sistemi di sicurezza web. Gli aggressori hanno sfruttato GPT-4o-mini per generare messaggi spam unici, progettati per sembrare autentici e pertinenti. Questi messaggi pubblicizzavano servizi SEO fittizi, promettendo miglioramenti nella visibilità online per attirare i proprietari di siti web. Grazie alla capacità dell’IA di adattare il contenuto al contesto di ciascun sito – da imprese edili a saloni di bellezza – i commenti risultavano convincenti e difficili da identificare come spam.

L’attacco ha preso di mira principalmente piccole e medie imprese che utilizzano piattaforme di e-commerce popolari come Shopify, GoDaddy, Wix e Squarespace. AkiraBot si è infiltrato in sezioni vulnerabili dei siti, come moduli di feedback, chat online e widget di supporto clienti, pubblicando messaggi che invitavano a contattare presunti esperti SEO. La varietà dei testi generati ha permesso al bot di bypassare i filtri antispam standard, che spesso si basano su modelli ripetitivi o parole chiave sospette.

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Come funzionava AkiraBot

Il successo di AkiraBot deriva dalla sua combinazione di intelligenza artificiale avanzata e tattiche furtive. Gli aggressori hanno inviato richieste a OpenAI simulando un’attività legittima, come quella di un “assistente marketing utile”. GPT-4o-mini, ignaro dell’intento malevolo, ha prodotto messaggi personalizzati che si adattavano perfettamente al tema di ciascun sito web. Ad esempio:

  • Su un sito di un negozio di abbigliamento, il bot potrebbe aver scritto: “Ottima selezione di abiti! Vuoi aumentare le visite al tuo negozio con i nostri servizi SEO?”
  • Su una pagina di un’impresa edile: “Progetti impressionanti! Fai crescere la tua visibilità online con la nostra ottimizzazione professionale.”

Per massimizzare l’impatto, AkiraBot ha sfruttato i widget di chat online, sempre più comuni sui siti moderni, per distribuire spam in tempo reale. Inoltre, il bot ha posizionato i messaggi in modo strategico per essere indicizzati dai motori di ricerca, aumentando la visibilità degli annunci fraudolenti e amplificando la portata della campagna.

Per eludere i sistemi di sicurezza, AkiraBot ha utilizzato servizi proxy per mascherare il proprio traffico di rete e aggirare protezioni come i CAPTCHA, rendendo l’attacco ancora più difficile da rilevare.

Un impatto globale: 80.000 siti colpiti

Secondo SentinelOne, AkiraBot ha compromesso almeno 80.000 siti web, con un focus su piattaforme che ospitano piccole imprese con risorse limitate per la sicurezza informatica. Questo approccio mirato ha permesso agli aggressori di massimizzare i danni, sfruttando la fiducia che le PMI ripongono nei loro sistemi di e-commerce. L’attacco non solo ha intasato i siti con messaggi indesiderati, ma ha anche rischiato di compromettere la reputazione delle aziende coinvolte, che potevano apparire associate a servizi fraudolenti.

È importante notare che AkiraBot non ha legami con il noto gruppo ransomware Akira, nonostante il nome simile. Si tratta di una minaccia distinta, progettata esclusivamente per lo spam e la manipolazione SEO.

La risposta di OpenAI e le contromisure

Non appena l’attacco è stato identificato, OpenAI ha agito rapidamente, bloccando la chiave API utilizzata da AkiraBot e avviando un’indagine approfondita. L’azienda ha dichiarato di aver disattivato tutte le risorse collegate alla campagna e di essere al lavoro per migliorare i propri sistemi di rilevamento degli abusi. In una nota ufficiale, OpenAI ha sottolineato il suo impegno a contrastare l’uso improprio dell’IA, promettendo di rafforzare i controlli per prevenire incidenti simili in futuro.

SentinelOne, dal canto suo, ha lodato la reattività di OpenAI, ma ha avvertito che attacchi come questo evidenziano una tendenza preoccupante: l’armaiolo dell’IA generativa da parte di attori malevoli. Con modelli sempre più accessibili tramite API pubbliche, la barriera d’ingresso per creare campagne di spam sofisticate si sta abbassando, rendendo necessaria una vigilanza costante.

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Le implicazioni per il futuro della sicurezza online

L’incidente di AkiraBot solleva interrogativi critici sull’uso dell’intelligenza artificiale e sulla sicurezza del web. Da un lato, dimostra il potenziale di strumenti come GPT-4o-mini nel creare contenuti altamente personalizzati; dall’altro, evidenzia come queste tecnologie possano essere sfruttate per scopi dannosi. Gli attacchi di spam non sono una novità, ma la capacità di AkiraBot di generare messaggi unici e contestualizzati rappresenta un’evoluzione significativa, che sfida i tradizionali sistemi di filtraggio.

Per le piccole imprese, questo episodio sottolinea l’importanza di investire in soluzioni di sicurezza robuste, come filtri antispam avanzati, monitoraggio dei widget di chat e aggiornamenti regolari delle piattaforme di e-commerce. Per gli sviluppatori di IA, invece, è un promemoria della necessità di implementare meccanismi di controllo più rigorosi per prevenire l’abuso delle API.

Come proteggersi da attacchi simili

Per evitare di diventare vittime di campagne come quella di AkiraBot, ecco alcuni consigli pratici:

  • Aggiorna i filtri antispam: configura sistemi che analizzano il comportamento dei messaggi, non solo le parole chiave, per rilevare spam personalizzati.
  • Monitora i widget di chat: controlla regolarmente le interazioni sui moduli online per individuare attività sospette.
  • Usa CAPTCHA avanzati: opta per soluzioni come reCAPTCHA v3, che identificano i bot senza interrompere l’esperienza utente.
  • Verifica i partner SEO: diffida di offerte non richieste e verifica la legittimità di qualsiasi servizio pubblicizzato tramite commenti o chat.

Un campanello d’allarme per il web

L’attacco di AkiraBot è un esempio lampante di come l’intelligenza artificiale possa essere un’arma a doppio taglio. Se da un lato apre nuove possibilità per l’automazione e la personalizzazione, dall’altro offre ai malintenzionati strumenti potenti per ingannare sistemi e utenti. Con almeno 80.000 siti colpiti, questa campagna dimostra che anche le piccole imprese non sono immuni alle minacce informatiche avanzate.

La risposta rapida di OpenAI e le analisi di SentinelOne sono un passo nella giusta direzione, ma il futuro richiederà una collaborazione più stretta tra sviluppatori di IA, piattaforme web e aziende per contrastare l’evoluzione dello spam. Nel frattempo, AkiraBot ci ricorda che la sicurezza online è una responsabilità condivisa: restare vigili è l’unico modo per proteggere il web dalle insidie dell’IA malevola.

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