Linux è davvero in crisi? Tutta la verità dietro le voci di “collasso”

Negli ultimi mesi si è diffusa una voce che ha fatto drizzare le antenne a molti appassionati di tecnologia: “Linux è in crisi. Sta collassando.”
Una frase forte, rilanciata da forum, social e blog tech, che ha acceso il dibattito su quello che per decenni è stato il simbolo della libertà digitale e dell’open source. Ma quanto c’è di vero dietro queste affermazioni? È davvero iniziato il declino del pinguino?
La risposta, come spesso accade, è più complessa di quanto sembri.
Da dove nasce la paura: segnali che hanno fatto tremare la community
Tutto è partito da alcune notizie che, messe insieme, hanno dipinto uno scenario preoccupante.
La prima è arrivata da Intel, che ha deciso di chiudere lo sviluppo di Clear Linux, una delle distribuzioni più ottimizzate per l’hardware di casa sua. Non solo: l’azienda ha anche ridotto il numero di ingegneri impegnati nel kernel e in diversi driver grafici, lasciandone alcuni “orfani”, cioè senza un manutentore principale.
Per molti, questo è stato un campanello d’allarme: se perfino giganti come Intel si tirano indietro, vuol dire che qualcosa non va.

A tutto ciò si aggiungono nuove vulnerabilità scoperte nel kernel Linux, alcune rimaste nascoste per oltre dodici anni. Quattro falle, di cui due considerate critiche, che hanno ricordato a tutti quanto sia difficile mantenere sicuro e stabile un ecosistema vasto e complesso come quello del pinguino.
E poi c’è la frammentazione. Centinaia di distribuzioni diverse, ognuna con il proprio sistema di pacchetti, interfaccia e filosofia. Una ricchezza per gli esperti, certo, ma anche una barriera per gli utenti comuni. Un recente studio accademico lo dice chiaramente: senza una certa standardizzazione, Linux farà sempre fatica a conquistare il pubblico mainstream.
Infine, i numeri.
Sul fronte desktop, Linux continua a restare indietro rispetto ai colossi Microsoft e Apple: solo un 4-5% di quota di mercato, contro oltre il 70% di Windows. È vero, la crescita negli ultimi anni è costante, ma ancora troppo lenta per ribaltare la situazione.
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La realtà dei fatti: Linux non è in crisi, si sta evolvendo
Nonostante i segnali d’allarme, parlare di “collasso” è esagerato.
Anzi, guardando meglio, ci si accorge che Linux è più vivo che mai — solo che si è spostato altrove.
Nel mondo server, cloud e supercomputer, Linux domina incontrastato. Oltre il 95% dei server web nel mondo gira su kernel Linux, così come praticamente tutti i supercomputer più potenti del pianeta. Lo stesso vale per i dispositivi IoT, i router, le auto connesse e perfino le console di gioco.

Anche sul fronte desktop, i dati non sono poi così cupi: negli Stati Uniti, nel 2025, Linux ha superato per la prima volta il 5% di quota, segnando un record storico. Non è un trionfo, ma è la prova che l’interesse cresce e che sempre più utenti iniziano a vedere nel software libero una reale alternativa ai sistemi proprietari.
E quando un’azienda si ritira, la comunità open source entra in gioco.
È successo più volte nella storia: progetti abbandonati da aziende sono stati ripresi da volontari, migliorati e rilanciati. È questa la forza di Linux: non dipende da una singola corporation, ma da migliaia di sviluppatori sparsi nel mondo.
I veri problemi da affrontare
Questo non significa che tutto vada bene.
Linux si trova in una fase di transizione delicata, in cui deve affrontare problemi concreti:
- rendere più accessibile e uniforme l’esperienza utente, per competere davvero con Windows e macOS;
- migliorare la comunicazione e la collaborazione tra aziende e community, per evitare frammentazioni e duplicazioni di lavoro;
- e soprattutto, rafforzare la sicurezza, mantenendo il suo approccio aperto ma aumentando i controlli di qualità del codice.
La sfida non è “sopravvivere”, ma evolversi senza perdere la propria identità.
Conclusione: un futuro incerto, ma non in declino
Linux non sta morendo.
Sta semplicemente cambiando pelle.
C’è chi guarda alla chiusura di progetti come Clear Linux come a un segno di cedimento, ma in realtà è il sintomo di un ecosistema che si muove, che si adatta e che continua a innovare.
Finché esisterà una comunità di sviluppatori, hacker e curiosi disposti a migliorarlo, Linux non collasserà mai.
Potrà perdere pezzi, cambiare forma, riorganizzarsi. Ma non sparirà.
In un’epoca in cui tutto sembra diventare chiuso, controllato e proprietario, Linux resta l’ultimo grande bastione della libertà digitale.
E forse è proprio questo che fa più paura a qualcuno.
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Linux e un simbolo di liberta, ma anche un buon sistema operativo, lo uso piu volentieri di windows, e piu reattivo e veloce. Windows lo uso solo per collegare il laptop alla smart tv per guardare le partite, per il resto uso linux.
Non dirlo a me che uso solo quello 😝