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L’MPA suona l’allarme: i “siti Hydra” stanno ridisegnando la pirateria globale

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La Motion Picture Association (MPA) alza la voce nella sua relazione 2025 e mette in evidenza una nuova minaccia: i cosiddetti “siti Hydra”, piattaforme di pirateria basate su browser che offrono film e serie gratis senza abbonamenti né installazioni. Secondo Hollywood, questa ondata di siti “one-stop” è tra i fenomeni più preoccupanti dell’anno.

Che cos’è un “sito Hydra”? Facile, veloce, rimpiazzabile

Con il termine “Hydra” l’MPA descrive siti che somigliano a mall pirata: accesso diretto via browser, nessuna registrazione, nessun paywall. Sono progettati per essere semplici da lanciare e facili da rimpiazzare — appena un dominio cade, ne spuntano subito altri. Spesso attingono a grandi videoteche centralizzate e a servizi di backend condivisi, rendendo l’ecosistema estremamente resiliente.

Piracy-as-a-Service: la fabbrica dietro i portali

La vera rivoluzione tecnica è la diffusione del modello Piracy-as-a-Service (PaaS): tool e infrastrutture che consentono a chiunque di creare un sito pirata con minimo sforzo. L’MPA cita esempi concreti: Vidsrc per i VOD e Streamed.su per lo streaming live sono spesso il “motore” dietro molti portali. Il risultato? Una proliferazione rapida di siti con nomi diversi ma struttura identica.

Numeri e brand che tornano sempre

Non è un problema di nicchia. L’MPA riporta che network come Myflixerz/Sflix hanno centinaia di milioni di visite mensili; altre famiglie di siti — Cuevana, MagisTV, Rezka, e decine di brand nuovi come HydraHD o Nunflix — continuano a dominare i flussi. Anche quando una rete viene colpita, i domini alternativi e i backend su MegaCloud, VidCloud o RapidCloud la tengono in vita.

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Non solo siti: la catena che mantiene tutto in piedi

L’analisi dell’MPA punta il dito anche sugli attori “neutrali” che facilitano la sopravvivenza della pirateria: provider di hosting, servizi di backend, cyberlocker e persino alcuni registri di domini. Nell’elenco compaiono servizi come DDos-Guard, Private Layer, Njalla e persino registri .CC, .IO, .TV e .TO che, secondo l’MPA, continuano a offrire copertura ai servizi incriminati.

Cloudflare e la questione della responsabilità tecnica

Cloudflare torna sotto i riflettori: pur non essendo un “mercato” della pirateria, viene spesso utilizzato per nascondere la reale collocazione dei siti. L’azienda risponde affermando di collaborare con segnalatori affidabili, ma l’MPA insiste nel segnalare il ruolo critico degli intermediari tecnici nella persistenza delle reti pirata.

Cosa ha funzionato — e cosa no

L’MPA celebra alcuni successi: insieme ad ACE e alle autorità nazionali sono state chiuse reti sportive molto visitate e smantellati domini legati a IPTV illegali. Ma il rapporto è chiaro: i colpi mediatici e le retate producono solo effetti temporanei. Finché la domanda resta alta e l’infrastruttura PaaS esiste, nuovi siti rinascono subito.

Perché il problema è destinato a restare

L’ecosistema pirata si è evoluto: non è più solo un singolo servizio da cancellare ma una catena modulare — player video, hosting resiliente, domini alternativi, gateway di pagamento o assenza di essi — che rende il contrasto più complesso. La soluzione non può limitarsi a chiudere domini: richiede cooperazione internazionale, interventi sui provider di hosting/registi, e strumenti proattivi per interrompere le catene tecniche di rifornimento.

Una guerra che chiede strategie nuove

Il rapporto MPA 2025 è un campanello d’allarme: i siti Hydra e il modello PaaS hanno reso la pirateria più veloce, più adattabile e più difficile da spegnere con i metodi tradizionali. Se l’obiettivo è davvero ridurre il fenomeno, servono azioni coordinate a livello tecnico, legale e commerciale — non solo proclami e titoli sensazionalistici.

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