L’UE vuole vietare i social network ai minori di 16 anni: svolta epocale nel dibattito sulla sicurezza digitale

L’Unione Europea ha appena compiuto un passo che potrebbe riscrivere il rapporto tra giovani e tecnologia. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione destinata a far discutere: vietare l’accesso ai social network ai minori di 16 anni, fissando una nuova soglia digitale obbligatoria per tutta l’UE.
La notizia arriva da Reuters, e non è un semplice aggiornamento normativo. È un vero segnale politico, una presa di posizione durissima contro un’industria digitale sempre più penetrante nella vita dei più giovani. Il Parlamento chiede l’introduzione di un’età minima unificata a livello comunitario: 16 anni per i social, accessibili solo con il consenso dei genitori, e 13 anni per le piattaforme video con interazioni basate sull’intelligenza artificiale.
Il messaggio è evidente: i social network, così come sono oggi, non sono spazi adatti ai bambini o agli adolescenti più piccoli.
L’UE vuole un ambiente digitale dove la maturità dell’utente corrisponda alla complessità dei contenuti e degli algoritmi.
Una mossa così netta non si vedeva da anni. E per molti governi europei arriva fin troppo tardi.

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È importante chiarire che la risoluzione non ha valore vincolante: non cambia ancora la legge. Ma rappresenta una pressione politica enorme.
E in Europa, spesso, le leggi nascono esattamente così: prima una risoluzione, poi una direttiva, infine obblighi per gli Stati membri.
La spinta arriva da un contesto sempre più inquietante.
A settembre, una commissione parlamentare francese ha pubblicato un rapporto durissimo su TikTok e sui suoi effetti sulla psiche degli adolescenti. Il documento raccomandava addirittura di vietare completamente l’accesso ai social ai minori di 15 anni, in tutta l’UE o, in caso di fallimento, almeno in Francia.
Non si tratta più di una semplice questione educativa, ma di un fenomeno sociale che esplode in ansia, dipendenza, distorsione dell’immagine di sé, esposizione a contenuti tossici e manipolazione algoritmica.
Allo stesso tempo, governi e istituzioni sono terrorizzati dall’impatto delle piattaforme sui comportamenti politici e culturali delle nuove generazioni.
L’argomento è sempre lo stesso: algoritmi opachi, controllati da Big Tech, che plasmano i cervelli dei giovanissimi senza alcuna supervisione democratica.
La paura di un “effetto Cina al contrario”, dove sono i social occidentali a manipolare i ragazzi europei, non è più fantascienza: è la base del dibattito politico.
E mentre Bruxelles discute, alcune misure sono già realtà. Un esempio?
In Francia, la proposta di vietare TikTok sotto i 15 anni è diventata un tema di sicurezza nazionale. Ma non solo: anche l’aumento dei prezzi della pubblicità su Telegram, dopo il ban di siti ritenuti ostili, dimostra come il clima stia rapidamente cambiando. Il vento istituzionale è contro le piattaforme.
La domanda adesso è semplice: l’Europa riuscirà davvero a imporre l’età minima di 16 anni sui social? O i colossi della Silicon Valley useranno tutto il loro potere per bloccare la riforma?
Quel che è certo è che la battaglia è appena iniziata.
E riguarda direttamente il futuro digitale di milioni di ragazzi europei.
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