Neurogadget: i dispositivi che leggono il cervello stanno arrivando (e cambieranno tutto)

Dieci anni fa bastava un braccialetto per contare i passi. Fitbit e Jawbone erano il simbolo di una tecnologia “indossabile” ancora ingenua, concentrata sul corpo più che sulla mente. Poi è arrivato l’Apple Watch, che ha trasformato il polso in un centro di controllo, e successivamente l’anello Oura, minimalista e quasi invisibile. Oggi, però, il salto è di un’altra categoria. I nuovi neurogadget non leggono più solo il corpo: leggono il cervello.
Non si tratta di fantascienza né di esperimenti da laboratorio segreto. È una nuova generazione di dispositivi indossabili che sfruttano segnali cerebrali reali per migliorare sonno, concentrazione, salute mentale e interazione con la tecnologia. E il mercato sta accelerando più velocemente di quanto molti si aspettino.
Dal sonno profondo alla produttività: i primi neurogadget reali
Uno degli esempi più discussi è Elemind, una startup che ha sviluppato una sorta di fascia futuristica da indossare prima di dormire. Il dispositivo monitora le onde cerebrali e, quando rileva segnali di veglia o sonno leggero, emette un particolare rumore rosa sincronizzato con l’attività cerebrale. L’obiettivo è guidare il cervello verso il sonno profondo senza farmaci.
Secondo l’azienda, la tecnologia si basa su cinque anni di studi clinici e non presenta effetti collaterali. Il prezzo, però, dice molto su dove ci troviamo oggi: 350 dollari per migliorare il sonno usando direttamente le onde cerebrali. Non economico, ma nemmeno fantascienza.
Sul fronte opposto, quello della produttività e del lavoro cognitivo, c’è Neurable, una società di Boston che propone cuffie dotate di sensori EEG in grado di monitorare le onde beta, associate alla concentrazione. L’intelligenza artificiale analizza i dati in tempo reale e mostra quanto l’utente sia focalizzato, suggerendo persino quando è il momento di fermarsi per evitare il burnout.
Il sistema genera anche report dettagliati: età cerebrale stimata, velocità dei processi cognitivi, livelli di stress e ansia. Il modello di punta, MW75 Neuro LT, costa 499 dollari. Almeno, nel frattempo, puoi usarle anche per ascoltare musica.
L’EEG esce dagli ospedali e finisce sulla testa delle persone
Tutti questi dispositivi si basano sull’elettroencefalografia (EEG), una tecnologia tutt’altro che nuova. In medicina viene usata da decenni per diagnosticare epilessia, disturbi del sonno, danni cerebrali e altre condizioni neurologiche. La novità non è il metodo, ma la sua miniaturizzazione e commercializzazione.
Quello che prima richiedeva macchinari clinici e personale specializzato oggi può essere integrato in cuffie, fasce o auricolari. Il cervello, fino a poco tempo fa una scatola nera intoccabile, diventa improvvisamente una fonte di dati continua.

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Apple, Neuralink e la corsa al cervello
Ovviamente, quando una tecnologia inizia a diventare interessante, Apple non resta a guardare. Nel 2023 l’azienda ha depositato brevetti per l’integrazione di sensori EEG negli AirPods, e nel 2025 ha sviluppato metodi per addestrare reti neurali utilizzando dati cerebrali. Un segnale chiarissimo: il cervello è la prossima frontiera dell’interfaccia uomo-macchina.
Con Vision Pro, Apple ha già aperto alla possibilità di controllare il dispositivo tramite interfacce cervello-computer, riducendo la necessità di movimenti fisici. Non è ancora lettura diretta del pensiero, ma la direzione è evidente.
Poi c’è l’approccio più radicale. Neuralink, la startup di Elon Musk, sta già testando impianti cerebrali su esseri umani. L’obiettivo immediato è permettere a persone paralizzate di controllare un computer con il pensiero. Quello successivo, dichiarato apertamente, è ripristinare la vista nei non vedenti. Qui non si parla più di gadget, ma di vera neurochirurgia.
Curare la depressione senza farmaci
Esiste però anche una via meno invasiva. La svedese Flow Neuroscience ha sviluppato un dispositivo indossabile per il trattamento della depressione, basato sulla stimolazione cerebrale con correnti elettriche deboli. Nel dicembre 2025 il gadget ha ottenuto l’approvazione di un ente regolatore medico statunitense, diventando il primo trattamento domestico non farmacologico per la depressione grave.
È un passaggio storico. Significa che la neurotecnologia non è più solo sperimentazione o wellness da startup, ma entra ufficialmente nella medicina regolamentata.
Una nuova normalità in arrivo
Il mercato è ancora giovane, ma cresce in fretta. Secondo le stime, il settore della neurotecnologia —tra dispositivi medici e consumer— potrebbe passare da 18 miliardi di dollari nel 2025 a oltre 55–65 miliardi entro il 2035. Numeri che spiegano perché così tante aziende stiano investendo ora.
Secondo Nita Farahany, professoressa alla Duke University, in futuro questi dispositivi diventeranno comuni quanto gli smartphone. Le cuffie ingombranti potrebbero trasformarsi in sensori miniaturizzati, magari sotto forma di un tatuaggio dietro l’orecchio, sempre connesso ai nostri dispositivi.
Il messaggio è chiaro. Dopo aver digitalizzato il corpo, la tecnologia sta facendo il passo successivo: digitalizzare la mente. La domanda non è più se accadrà, ma quanto saremo pronti a convivere con dispositivi che sanno cosa proviamo, quando siamo stanchi e quando perdiamo la concentrazione. I neurogadget non sono il futuro lontano. Sono l’inizio di un presente molto più profondo — e molto più delicato — di quanto sembri.
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