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Non sono gli scarichi: uno studio europeo rivela la vera nuova fonte di inquinamento delle auto

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Per decenni abbiamo puntato il dito contro i gas di scarico, considerandoli la principale causa dell’inquinamento generato dalle automobili. Ma un nuovo studio dell’Università Tecnica di Graz ribalta completamente questa convinzione e ridisegna la mappa delle responsabilità ambientali nel settore dei trasporti.

Secondo i ricercatori, i motori moderni sono ormai così puliti da produrre una quantità sorprendentemente bassa di particolato, mentre a pesare davvero sull’aria che respiriamo sono altre sorgenti, spesso ignorate, che si nascondono sotto le ruote e attorno alla carrozzeria.

Gli studiosi spiegano che, nelle condizioni stradali tipiche, i gas di scarico rappresentano oggi meno del 10% delle particelle totali rilasciate nell’ambiente. È una percentuale che sarebbe stata impensabile solo vent’anni fa, ma che conferma l’efficacia delle normative europee e dei miglioramenti tecnologici applicati ai motori a combustione.

A determinare la maggior parte dell’inquinamento non è più ciò che esce dal tubo di scarico, bensì ciò che si stacca e si solleva con il movimento del veicolo: l’usura dei freni, il consumo degli pneumatici, l’abrasione dell’asfalto e la polvere che si alza costantemente dal flusso delle auto.

Perché il futuro delle emissioni dipenderà da freni, pneumatici e polveri stradali

Con l’arrivo dello standard europeo euro 7 nel 2026, il quadro cambierà ancora. Gli ingegneri prevedono che le emissioni prodotte dai freni diminuiranno fino all’80% entro il 2040 grazie al recupero energetico delle auto elettriche e a nuove tecnologie che ridurranno quasi del tutto l’abrasione delle pastiglie. Anche la componente di polvere legata al motore potrebbe ridursi di quasi il 90%, un valore che segnerebbe un altro passo avanti nella lotta all’inquinamento.

Il problema più difficile da risolvere, però, resta quello degli pneumatici, la cui usura non può essere ridotta oltre una certa soglia senza compromettere la sicurezza. La natura stessa delle gomme impone che l’aderenza sia alta, e questo significa che una certa quantità di particelle continuerà inevitabilmente a disperdersi nell’ambiente.

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Secondo i ricercatori, sarà proprio questo limite tecnico a rendere complicato raggiungere i nuovi obiettivi europei sulla qualità dell’aria, che entro il 2030 diventeranno due volte più severi rispetto agli standard attuali. Anche con auto elettriche più diffuse, motori quasi privi di emissioni e sistemi frenanti rigenerativi, l’impatto degli pneumatici resterà un nodo difficile da sciogliere. A questo si aggiunge la polvere stradale, un elemento spesso sottovalutato ma destinato a diventare sempre più dominante nei modelli previsionali.

Una nuova visione dell’inquinamento automobilistico

Il nuovo modello sviluppato dai ricercatori dell’Università di Graz integra per la prima volta sia le particelle provenienti dallo scarico sia quelle generate dall’abrasione meccanica. È un approccio più completo e realistico che mostra come, nei prossimi anni, la combinazione di polveri stradali e usura dei rivestimenti supererà nettamente il contributo dei motori.

Questa prospettiva impone un ripensamento delle strategie ambientali, orientandole verso materiali meno abrasivi, sistemi di cattura delle polveri e infrastrutture progettate per ridurre la dispersione delle particelle.

Il risultato dello studio non è un invito a sottovalutare le emissioni dei motori, ma un richiamo a guardare dove finora non abbiamo guardato abbastanza. La transizione verso veicoli più puliti non è solo una questione di carburanti alternativi o motori elettrici, ma anche di fisica elementare: tutto ciò che si muove, sfrega, rotola e solleva polvere contribuisce all’inquinamento. Ed è proprio su questi aspetti che dovremo concentrare i prossimi sforzi.

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