News

Operazione 404: la maxi-caccia ai domini pirata supera quota 3.000, mentre USA e Messico osservano da lontano

Condividi l'articolo

L’Operazione 404 continua a crescere, a espandersi, a fare rumore. E ora supera una soglia simbolica: oltre 3.000 domini pirata bloccati. L’ultima tornata di interventi – la famigerata fase 8 – aggiunge altri 535 domini alla lista nera del Brasile. Ma questa volta c’è un dettaglio curioso: gli Stati Uniti, da sempre protagonisti, non hanno preso parte attiva. Sia il Dipartimento di Giustizia (USDOJ) che il Dipartimento del Commercio (USDOC) hanno partecipato solo come osservatori, per “conoscere le metodologie” adottate nella lotta alla pirateria digitale.

Una scelta che lascia intuire due cose: il Brasile si sta muovendo in autonomia sempre più aggressiva, e la pirateria sudamericana è ormai un fenomeno talmente radicato da richiedere strumenti ben più sofisticati di semplici blocchi DNS.

L’operazione che ha cambiato la guerra alla pirateria

Quando nel 2019 Brasile, ICE e Dipartimento di Giustizia USA unirono le forze, la pirateria era fuori controllo: siti illegali ovunque, app clandestine, IPTV non autorizzate, repository di contenuti che rinascevano più velocemente di quanto venissero chiusi.

La prima edizione dell’Operazione 404 fu definita un punto di svolta. Con l’aiuto internazionale vennero abbattuti 136 siti web e 100 app pirata. Un taglio netto, deciso, che mostrò un approccio nuovo: blocchi tecnici, sequestri coordinati, arresti e pressioni diplomatiche.

Ma era solo l’inizio di qualcosa di più grande.

La lunga ombra di Futemax e la guerra infinita del blocco

Per capire quanto sia complesso il fronte della pirateria, basta un nome: Futemax. Uno dei bersagli originali dell’operazione, uno dei più attaccati, uno dei più bloccati. Eppure ancora oggi online.

Negli anni sono stati aggiunti alla lista segreta del Brasile oltre 360 domini collegati a Futemax e alle sue varianti (FutemaxHD, FutemaxBR, FutemaxTV). Una partita di Whac-A-Mole infinita: un dominio cade, un altro spunta. E tutti cercano di restare un passo avanti rispetto ai blocchi degli ISP.

L’Operazione 404 ha colpito duro, ma gli operatori pirata si muovono con una flessibilità quasi industriale. Ogni nuovo blocco produce nuove alternative. E la lista si allunga senza fine.

La fase 8: nuovi paesi coinvolti, USA in retroguardia

Il 27 novembre il Ministero della Giustizia brasiliano ha ufficializzato la fase 404.8. Dietro il titolo, una macchina enorme.

Sono stati eseguiti 44 mandati di perquisizione e sequestro, con quattro arresti preventivi e tre arresti in flagranza. Si punta a identificare e colpire non solo i gestori, ma l’intera rete che monetizza contenuti illegali.

Il Governo parla di:

  • blocco e sospensione di 535 siti web
  • rimozione di un’app di streaming illegale
  • cancellazione di migliaia di contenuti pirata da repository e social
  • interventi sulle strutture di finanziamento dietro le piattaforme

Accanto alle forze brasiliane hanno partecipato Argentina, Ecuador (alla sua prima apparizione), Paraguay, Perù e Regno Unito. Gli Stati Uniti, al contrario, questa volta hanno osservato e basta. Un cambio di passo che lascia spazio a molte interpretazioni.

Leggi anche:

Un sistema di blocco enorme, ma anche molto opaco

La parte più interessante – e problematica – dell’Operazione 404 riguarda ciò che non si vede.

L’elenco pubblico dei domini bloccati durante le varie fasi parla di circa 3.000 domini pirata. Ma la blocklist principale del Brasile contiene oltre 30.000 voci, tra domini pirata e siti di gioco d’azzardo. Un ecosistema enorme, quasi impossibile da verificare.

E qui nasce il problema: nessuno può realmente controllare quali siti vengano bloccati, né capire con precisione che cosa venga etichettato come “pirata”. Le ordinanze dei giudici sono segrete, la blocklist non è consultabile, e le informazioni ufficiali sono spesso aggregate con logiche poco chiare.

In pratica: il pubblico non ha alcun modo di verificare cosa stia accadendo davvero.

Dietro la scena: una rete internazionale sempre più fitta

A sostenere l’Operazione 404 ci sono decine di agenzie internazionali, enti governativi e gruppi dell’industria dell’intrattenimento: dalla Premier League alla MPA, da LaLiga all’IFPI, passando per EUIPO, ACE, ESA, ABTA e molte altre organizzazioni.

Una coalizione gigantesca che mostra quanto la pirateria non sia più un fenomeno “locale”, ma un business globale. E soprattutto quanto sia diventato strategico per gli stati collaborare in modo continuo per colpire redditi, infrastrutture, hosting, DNS, monetizzazioni e persino sistemi di pagamento.

La verità è che la pirateria non è mai stata così difficile da eliminare

Nonostante i numeri impressionanti dell’Operazione 404, il fenomeno non arretra. Cambiano i nomi, i domini, le app. Cambiano le tattiche. Ma la domanda è sempre la stessa: vale davvero la pena combattere solo con blocchi e sequestri?

Finché non si affrontano i motivi che spingono milioni di utenti a cercare alternative non ufficiali – prezzi alti, contenuti frammentati, servizi inaffidabili – la guerra sarà sempre impari.

E l’Operazione 404 potrebbe continuare a collezionare numeri… senza mai toccare la radice del problema.

Fonte

Ti potrebbe interessare:
Segui guruhitech su:

Esprimi il tuo parere!

Che ne pensi di questa notizia? Lascia un commento nell’apposita sezione che trovi più in basso e se ti va, iscriviti alla newsletter.

Per qualsiasi domanda, informazione o assistenza nel mondo della tecnologia, puoi inviare una email all’indirizzo [email protected].


Scopri di più da GuruHiTech

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

0 0 voti
Article Rating
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Più recenti
Vecchi Le più votate
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti