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Poppy Playtime attacca Google per aver permesso la diffusione di app contraffatte

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Poppy Playtime, il popolare videogioco horror sviluppato da Mob Entertainment, ha intrapreso azioni legali contro Google per la presenza di app non autorizzate sul Google Play Store. Queste versioni infrangono i diritti d’autore del gioco e, nonostante numerose segnalazioni, Google non ha preso provvedimenti adeguati per rimuoverle.

Con oltre 40 milioni di giocatori in tutto il mondo e più di un miliardo di visualizzazioni su YouTube, Poppy Playtime ha conquistato un vasto pubblico, attirando l’attenzione di sviluppatori che tentano di sfruttare la sua popolarità. Tuttavia, quando i contenuti originali vengono usati per attrarre utenti senza autorizzazione, si oltrepassa un limite.

Pubblicazioni di app scam

Nel corso del processo, Mob Entertainment accusa l’azienda ‘Daigo Game 2020, Inc.’ di aver pubblicato app ingannevoli su Google Play, spacciandole per “Poppy Playtime: Chapter 3” e “Poppy Playtime: Chapter 4”. Queste app non solo utilizzano il nome e i personaggi del gioco, ma offrono anche poco valore agli utenti, chiedendo tra i 30 e i 95 dollari per un “Guide wuggy playtime mod” che si traduce in un semplice link a una pagina web non funzionante.

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Ingiustificata inazione di Google

Il reclamo legale non si limita a Daigo Game, ma coinvolge anche Google, accusata di non aver rimosso le app non autorizzate e di ricevere una percentuale sulle vendite di tali applicazioni. Mob Entertainment ha presentato numerose richieste di rimozione tramite il modulo di segnalazione DMCA, ma le risposte di Google sono state insoddisfacenti. Ad esempio, dopo aver confermato la rimozione dell’app “Poppy Playtime Chapter 3”, questa è riapparsa rapidamente sullo store.

Richiesta di risarcimento danni

Mob Entertainment sostiene che l’inefficienza di Google la rende inammissibile alla protezione del safe harbor DMCA, rendendola responsabile per le violazioni di copyright. L’azienda chiede un risarcimento fino a 150.000 dollari per ogni opera infranta, oltre a un’ingiunzione per fermare future violazioni delle proprie proprietà intellettuali.

La causa, depositata presso un tribunale federale della California, evidenzia le sfide affrontate dagli sviluppatori indipendenti nel proteggere il proprio lavoro in un ecosistema digitale sempre più affollato di contenuti non autorizzati. Nonostante le accuse, né Google né Daigo Game hanno ancora risposto pubblicamente alla causa.

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