Quando il Wi-Fi minaccia il GPS: troppi segnali disturbano la posizione della Terra

Sembra incredibile, ma il nemico del GPS non arriva dallo spazio: siamo noi. I nostri smartphone, router Wi-Fi, antenne 5G e satelliti di nuova generazione stanno creando un inquinamento invisibile ma devastante per la scienza che misura la posizione della Terra. È un problema che pochi conoscono, ma che rischia di far vacillare le fondamenta tecnologiche della società moderna.
Una scienza invisibile ma cruciale
Stiamo parlando della geodesia, una disciplina poco nota ma essenziale. I geodesisti sono coloro che riescono a calcolare con precisione millimetrica la posizione della Terra e dei satelliti nello spazio. Per farlo, usano radiotelescopi in grado di captare segnali radio debolissimi provenienti da galassie lontane, come i getti di radiazione emessi dai buchi neri supermassicci.
Questi segnali fungono da “fari cosmici”, punti di riferimento stabili nel tempo e nello spazio. Ma il loro rilevamento dipende da una condizione fondamentale: l’assenza di disturbi nel campo radio.
Il Wi-Fi come interferenza planetaria
Ed è qui che inizia il problema. I radiotelescopi operano in specifiche frequenze dello spettro radio, le stesse che oggi sono sempre più occupate da dispositivi wireless: Wi-Fi, reti mobili, internet satellitare e persino elettrodomestici connessi. La sovrapposizione di segnali rende quasi impossibile captare le emissioni cosmiche con la chiarezza necessaria.
Questa saturazione dello spettro compromette le misurazioni geodetiche, con effetti a cascata. Se non conosciamo più la posizione esatta della Terra, i satelliti GPS possono fornire dati imprecisi. E senza GPS accurato, si inceppa tutto: navigazione, logistica, transazioni finanziarie, telecomunicazioni, perfino il coordinamento delle reti elettriche.
Un GPS instabile può bloccare il mondo
La catena è semplice e letale:
- Troppi segnali radio →
- Radiotelescopi disturbati →
- Geodesia compromessa →
- GPS impreciso →
- Disastri in logistica, trasporti, comunicazioni, sicurezza.
È come se una folla di persone urlasse tutte insieme, impedendo a un astronomo di sentire un sussurro proveniente dall’altra parte dell’universo. E quel sussurro è ciò che tiene in piedi il mondo moderno.
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Soluzioni? Ci vogliono regole internazionali
Gli esperti non stanno a guardare. Le proposte ci sono: creare zone radio “silenziose” dove la trasmissione artificiale sia vietata (come già avviene a Green Bank, negli USA), riservare frequenze protette all’astronomia, e avviare trattative con i colossi delle telecomunicazioni per ridurre l’impatto delle loro emissioni.
Ma il primo passo è prendere coscienza del problema. Finché continuiamo a costruire una civiltà sempre più wireless senza pensare alle conseguenze, rischiamo di perdere la bussola. Letteralmente.
Cos’è la geodesia e perché ci riguarda tutti
La geodesia è la scienza che misura la forma, le dimensioni e il campo gravitazionale della Terra. Serve per costruire mappe, tracciare confini, navigare, e gestire infrastrutture su scala globale. Senza i suoi dati precisi, anche le tecnologie più avanzate sarebbero cieche.
Ogni aggiornamento della posizione terrestre dipende da osservazioni astronomiche che avvengono con strumenti delicatissimi: i radiotelescopi.
Radiotelescopi: occhi sulla galassia
Un radiotelescopio funziona in modo diverso da un telescopio ottico. Non osserva la luce visibile, ma capta onde radio emesse da stelle, galassie, nebulose e buchi neri. È un’antenna parabolica che riflette queste onde su un ricevitore, il quale le amplifica e trasforma in dati digitali.
Molte delle scoperte più importanti dell’astronomia moderna — dai pulsar al fondo cosmico di microonde — sono merito proprio dei radiotelescopi. Ma la loro efficacia dipende dalla purezza radio dell’ambiente circostante.
Per questo vengono costruiti in zone remote, come l’Atacama cileno o l’entroterra australiano. Ma anche lì, la marea invisibile dei segnali artificiali comincia a farsi sentire.
Il paradosso tecnologico
Abbiamo costruito una società iperconnessa grazie al GPS, alla cartografia digitale, all’ingegneria di precisione. Ma quella stessa società rischia di sabotarsi da sola, annegando nei suoi stessi segnali. È il paradosso del nostro tempo: più siamo connessi, meno siamo precisi.
L’equilibrio tra progresso e consapevolezza è fragile. E mentre puntiamo al 6G, a internet dallo spazio e all’onnipresenza del segnale, forse è il momento di fermarsi un attimo e chiedersi: stiamo ancora ascoltando l’universo? O lo stiamo semplicemente coprendo di rumore?
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