Un uomo di Gallipoli chiede 80mila euro a Google per una foto su Street View

Un uomo comune contro un gigante della Silicon Valley. Sembra la trama di un film, ma è realtà. Giorgio Faenza, 58 anni, residente a Gallipoli (LE), ha deciso di trascinare in tribunale niente meno che Google. Il motivo? Un’inquadratura di Street View che, a suo dire, ha violato la sua privacy in modo clamoroso.
Tutto è iniziato due anni fa, quando Faenza ha scoperto di essere stato immortalato dalle fotocamere di Google nel cortile di casa sua. A torso nudo, vestito solo con un paio di pantaloncini cortissimi, si è ritrovato visibile a milioni di utenti in tutto il mondo. Nessun volto oscurato, nessuna precauzione: un’immagine che, secondo lui, lo ha esposto a scherno, imbarazzo e umiliazione. Da lì, la decisione: chiedere 80mila euro di risarcimento.
Una battaglia che arriva in aula
A rappresentarlo in tribunale c’è l’avvocato Vincenzo De Vittorio, che ha portato la questione davanti alla giudice Alessandra Cesi del tribunale di Lecce. Il cuore della causa sono quelle immagini di Street View, presentate come prove: Faenza è perfettamente riconoscibile, in un momento che considera privato, nonostante sia stato ripreso da una strada pubblica.
Secondo l’uomo, il sistema automatico di Google che dovrebbe offuscare i volti non è entrato in funzione, lasciandolo “scoperto” davanti al mondo intero. Non si tratta, spiega, solo di un dettaglio tecnico: è l’impatto sociale e umano di quelle immagini a essere devastante. Sarebbe stato deriso, commentato, riconosciuto. E tutto questo – ribadisce – senza il suo consenso.

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Ma Google non ci sta. Difesa da un team legale composto da Marco Berliri, Massimiliano Masnada, Michele Traversa, Ambra Pacitti e Giacomo Bertelli, l’azienda respinge ogni accusa. Le riprese, spiegano, sono state effettuate da suolo pubblico, nel pieno rispetto delle normative, e rientrano nell’attività di mappatura delle strade, non in una violazione della sfera privata.
Per il colosso di Mountain View non ci sono i presupposti giuridici per alcun risarcimento. L’immagine? Perfettamente legittima. Il disagio? Non quantificabile legalmente.
Ultimo round in vista?
La vicenda, avviata nel febbraio 2023, si avvicina ora a un momento cruciale. Il 15 maggio scorso la giudice ha chiesto a Faenza di avanzare una proposta di conciliazione, rimandando tutto al 2 ottobre, data della prossima udienza. Se le parti troveranno un accordo, il caso potrebbe chiudersi lì. Altrimenti, si andrà a sentenza.
Faenza ha dichiarato di essere disposto a trattare sull’importo richiesto, ma non intende rinunciare al principio: vuole giustizia. Google, però, non fa un passo indietro.
Il risultato? Un braccio di ferro tra un cittadino e un gigante globale, una sfida che potrebbe aprire un precedente importante sul tema della privacy digitale. E Faenza, dalla sua casa di Gallipoli, continua a sognare: non solo un risarcimento, ma una vittoria simbolica contro l’invadenza delle big tech.
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