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USA, blocco ai siti pirata sempre più vicino: gli ISP chiedono l’immunità retroattiva

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Dopo anni di stallo, il blocco dei siti pirata potrebbe presto diventare realtà anche negli Stati Uniti. Il tema è tornato al centro del dibattito durante una recente audizione della sottocommissione del Senato americano, con la Motion Picture Association (MPA) che ha ribadito la necessità di un sistema efficace per frenare la pirateria online. Ma a tenere banco è una richiesta silenziosa ma potente: gli ISP vogliono l’immunità retroattiva, prima di firmare qualsiasi accordo.

Dopo il clamoroso fallimento del SOPA nel 2012, il blocco dei siti negli USA è rimasto un tabù. Ma ora, con il Foreign Anti-Digital Piracy Act (FADPA) già sul tavolo e altri disegni di legge in fase di elaborazione, qualcosa si muove. E stavolta il clima è molto diverso: la retorica della MPA è più decisa, i toni più coordinati, e gli incontri tra legislatori e stakeholder si moltiplicano – rigorosamente a porte chiuse.

Durante l’audizione al Senato, Karyn Temple, vicepresidente della MPA, ha tracciato un quadro drammatico: secondo i dati riportati, i siti pirata generano miliardi di visite ogni anno, diffondendo illegalmente contenuti americani e mettendo in pericolo i dati personali e finanziari degli utenti.

“Non si tratta di ragazzi in un seminterrato. Sono vere e proprie organizzazioni criminali straniere,” ha dichiarato Temple, parlando di malware, furti d’identità e minacce concrete ai consumatori statunitensi.

La MPA sottolinea inoltre che oltre 55 Paesi già adottano sistemi di blocco, mentre gli USA restano indietro.

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A svelare il retroscena ci ha pensato il senatore democratico Chris Coons, che ha ammesso l’esistenza di “progressi reali”, ma anche di un ostacolo non banale: gli ISP vogliono essere tutelati retroattivamente.

In parole semplici, chiedono che – qualunque sia il contenuto delle nuove leggi – venga garantita l’immunità per eventuali responsabilità passate legate alla pirateria. Una mossa che ha tutto il sapore di una clausola protettiva in vista di nuove cause, come quelle già in corso contro colossi come Verizon e Cox, accusati di non aver agito contro i recidivi.

“Finalmente sembra che ci stiamo muovendo verso una soluzione concreta. Ma uno dei nodi da sciogliere è se gli ISP debbano godere di immunità, anche per il passato,” ha detto Coons.

La replica della MPA non si è fatta attendere. Temple ha minimizzato la richiesta, affermando che negli altri Paesi gli ISP non sono mai stati citati in giudizio per aver applicato il blocco dei siti, e che quindi l’immunità sarebbe superflua.

Ma per gli ISP la questione è più complessa. Le cause milionarie in corso sono un deterrente forte, e nessuno vuole esporsi senza paracadute legale. La posta in gioco è alta: evitare una pioggia di ricorsi e risarcimenti in cambio della loro collaborazione a un progetto legislativo di blocco. è vicino?

Tutti gli indizi sembrano indicare che il blocco dei siti pirata negli Stati Uniti è più vicino che mai. La MPA si è detta pronta a collaborare attivamente per far approvare il disegno di legge entro questa sessione congressuale. Secondo Temple, è “tempo di concludere”.

Mentre le negoziazioni si svolgono lontano dai riflettori, resta aperta la questione principale: a che prezzo si arriverà al blocco dei siti pirata?
E soprattutto, chi pagherà davvero il conto?

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