“Verifica dell’età” obbligatoria sui siti vietati ai minori: tutela o nuovo strumento di controllo?

Una misura alquanto discutibile che tuttavia, si può raggirare facilmente!
Da oggi accedere a certi siti — quelli dedicati al porno, al gioco d’azzardo, alla vendita di alcol e sigarette — non sarà più così semplice. L’Agcom ha infatti attivato il nuovo sistema di verifica dell’età obbligatoria, una misura che, almeno sulla carta, serve a proteggere i minori. Ma viene spontanea una domanda: siamo davvero sicuri che si tratti solo di tutela e non dell’ennesimo tassello nel grande mosaico del controllo digitale?
Una misura “a doppio scopo”?
Il sistema, spiega l’Autorità, si basa su un meccanismo a due fasi:
- Identificazione dell’utente, per verificare chi è davvero.
- Autenticazione, per confermare che quella persona sia effettivamente davanti allo schermo.
In pratica, ogni volta che si tenta di accedere a contenuti ritenuti “vietati ai minori”, bisogna dimostrare la propria età tramite soggetti terzi certificati — enti “indipendenti”, si dice, ma non sempre così trasparenti su come gestiscono i dati.
La procedura può essere completata anche tramite app dedicate, legate ai sistemi di identità digitale (come SPID o CIE ID). In sostanza, la propria età diventa un dato verificabile a richiesta, e lo smartphone si trasforma in una chiave d’accesso per decidere cosa puoi o non puoi vedere online.
L’Agcom garantisce che tutto avviene nel rispetto della privacy, grazie a un presunto sistema di “doppio anonimato”. Ma il dubbio rimane: chi garantisce davvero che questi dati non vengano incrociati o riutilizzati per altri scopi?

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Dietro il linguaggio tecnico e rassicurante si nasconde un cambio di paradigma: l’utente non è più libero di navigare, ma deve giustificare la propria identità digitale ogni volta che tenta di accedere a determinati contenuti.
E se oggi la scusa è “proteggere i minori”, domani potrebbe essere “garantire la sicurezza nazionale”, “prevenire la disinformazione” o “promuovere un ambiente digitale più sano”.
È lo stesso schema già visto in altri Paesi:
- Nel Regno Unito, l’Online Safety Act ha introdotto la verifica tramite documento d’identità o riconoscimento facciale. Risultato? Accessi ai siti porno in crollo verticale, ma boom di VPN e sistemi per eludere le restrizioni.
- In Francia, la legge chiede addirittura l’invio di una foto o di un documento per dimostrare la propria età.
L’Europa sembra così convergere verso un modello di Internet “certificato”, dove ogni clic è tracciabile e ogni accesso monitorato.
I metodi (legali e tecnici) per aggirare l’ostacolo
Come sempre, quando si impone un muro digitale, la rete trova subito il modo di scavalcarlo. E anche in questo caso, gli utenti più esperti non sono rimasti a guardare.
Ecco i principali metodi usati per raggirare la verifica dell’età:
- VPN (Virtual Private Network) – È il metodo più diffuso. Consente di connettersi attraverso server di altri Paesi dove la verifica non è obbligatoria. Servizi come ProtonVPN, NordVPN o Mullvad permettono di navigare anonimamente, mascherando l’IP e aggirando le restrizioni geografiche.
- Tor Browser – Lo strumento preferito da chi vuole restare invisibile. Grazie alla rete Onion, il traffico è criptato e rimbalza tra nodi internazionali, rendendo quasi impossibile risalire all’utente o imporre filtri basati sull’età.
- Motori di ricerca alternativi o mirror site – Molti portali creano versioni “specchio” accessibili da domini non ancora censiti nei sistemi di verifica.
- Proxy server – Consentono di fare da intermediario tra l’utente e il sito bloccato. Sono meno sicuri di una VPN, ma più rapidi da configurare.
- Browser con integrazione anti-tracking, come Brave o Firefox con DNS privato, che spesso riescono a bypassare parte dei controlli automatici.
- DNS personalizzati – Cambiando i server DNS del proprio dispositivo con servizi come Cloudflare (1.1.1.1) o Quad9, si può evitare il reindirizzamento imposto dai sistemi di filtraggio.
Questi strumenti non sono illegali, ma il loro utilizzo solleva questioni etiche: è giusto dover ricorrere a metodi di anonimato per esercitare una libertà che dovrebbe essere garantita di default?
Tra tutela e censura
Se la protezione dei minori è un obiettivo legittimo, resta da chiedersi se la sorveglianza generalizzata sia davvero l’unica strada possibile. In nome della sicurezza, si sta spingendo verso un modello in cui ogni cittadino è potenzialmente schedato prima ancora di accedere a Internet.
Il rischio è che, dietro la facciata del “bene comune”, si nasconda una graduale normalizzazione del controllo digitale: oggi per i siti porno, domani per le notizie “scomode”.
Il messaggio è chiaro: la libertà di navigare anonimamente è sempre più vista come una minaccia. Ma forse la vera minaccia è un web dove tutto è tracciato, verificato e filtrato — anche le nostre curiosità più intime.
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