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WIPO Alert: un database globale per stanare i pirati del web

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La lotta alla pirateria digitale ha un nuovo alleato: il WIPO Alert, un database internazionale che sta rivoluzionando il modo in cui i siti pirata vengono individuati e bloccati in tutto il mondo. Gestito dall’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO), questo strumento permette ai detentori dei diritti di condividere elenchi di siti “sospetti” con autorità e operatori internet, creando una rete globale di contrasto al fenomeno. Ma non tutti applaudono: c’è chi vede in questo sistema un rischio per la libertà online.

Come funziona WIPO Alert

L’idea è semplice ma potente. I titolari di copyright – dalle case cinematografiche alle etichette musicali – caricano sul database WIPO Alert gli URL di siti che violano i loro diritti. Questi elenchi, una volta approvati, vengono messi a disposizione di governi, ISP (fornitori di servizi internet) e persino piattaforme pubblicitarie in oltre 30 paesi membri. In Italia, per esempio, l’AGCOM utilizza queste liste per ordinare il blocco dei siti segnalati, mentre in Brasile il programma “Operação 404” ne ha fatto un pilastro delle sue azioni antipirateria.

Secondo il rapporto annuale della WIPO, il database conta già 2.300 siti segnalati, con un incremento del 38% rispetto al 2023. Tra i contributor più attivi ci sono colossi come la Motion Picture Association (MPA) e la Federazione calcistica spagnola (RFEF), che hanno fornito liste di piattaforme accusate di trasmettere illegalmente film, serie TV e partite. Una volta nel sistema, questi siti diventano bersagli per blocchi DNS e IP, spesso senza bisogno di ulteriori verifiche giudiziarie.

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Un’arma a doppio taglio

Per i detentori dei diritti, WIPO Alert è una manna dal cielo. “Facilita una risposta rapida ed efficace alla pirateria globale”, spiega la WIPO, evidenziando come il database aiuti a coordinare sforzi che prima erano frammentati. In paesi come il Regno Unito e la Corea del Sud, gli ISP collaborano volontariamente con il sistema, mentre in altri, come l’Italia, i blocchi sono imposti per legge. Il risultato? Centinaia di siti oscurati ogni anno, da piattaforme di streaming a tracker torrent.

Ma non mancano le critiche. Organizzazioni come la Electronic Frontier Foundation (EFF) avvertono che il WIPO Alert potrebbe trasformarsi in uno strumento di censura mascherata. “Chi decide cosa è pirata e cosa no?”, si chiede l’EFF, puntando il dito contro la mancanza di trasparenza. I siti finiscono nel database sulla base di segnalazioni unilaterali, senza un processo pubblico o un contraddittorio. In alcuni casi, piattaforme legittime sono state bloccate per errore, sollevando dubbi sulla precisione del sistema.

Numeri e impatto globale

Il rapporto WIPO del 2024 offre uno spaccato impressionante: oltre 1.000 blocchi eseguiti grazie al database, con un focus su siti di streaming sportivo e cinematografico. In Brasile, l’Operação 404 ha usato WIPO Alert per colpire 266 siti in una sola tornata, mentre in Europa la MPA ha celebrato il blocco di domini come Fmovies, noti per offrire migliaia di film pirata. Eppure, i pirati non si arrendono: molti siti cambiano dominio o usano reti VPN per aggirare le restrizioni, in una partita a scacchi senza fine.

Tra tutela e libertà

Il WIPO Alert rappresenta un passo avanti nella globalizzazione della lotta alla pirateria, unendo forze che attraversano confini e giurisdizioni. Ma il suo successo ha un prezzo. Gli attivisti per i diritti digitali temono che, senza controlli adeguati, il database possa diventare un’arma nelle mani di chi vuole silenziare non solo i pirati, ma anche voci scomode. “La pirateria è un problema reale, ma le soluzioni devono essere trasparenti”, insiste l’EFF.

Per ora, il sistema cresce: nuovi paesi si uniscono, e la lista dei siti segnalati si allunga. La WIPO promette di affinare il processo, ma una domanda aleggia nell’aria: fino a che punto la tutela del copyright può spingersi, prima di intaccare l’internet che conosciamo? La risposta, forse, arriverà con il prossimo blocco.

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