Booking.com nei guai: oltre 10.000 hotel europei pronti a fargli causa

Booking.com, il colosso olandese delle prenotazioni online, è finito nel mirino di un’azione legale senza precedenti. Più di 10.000 hotel in tutta Europa hanno deciso di portarlo in tribunale, accusandolo di aver distorto il mercato a loro danno per vent’anni attraverso clausole contrattuali “abusive” e politiche commerciali scorrette.
A guidare la rivolta è Hotrec, l’Associazione europea di alberghi, ristoranti e caffè, sostenuta da 30 associazioni nazionali del settore, inclusa la Gran Bretagna. La scadenza per aderire alla causa è stata prorogata al 29 agosto a causa dell’altissimo numero di adesioni.
“Gli albergatori europei hanno sofferto a lungo condizioni inique e costi eccessivi. Ora è il momento di stare uniti e chiedere giustizia”, ha dichiarato il presidente di Hotrec, Alexandros Vassilikos, definendo le pratiche di Booking.com “abusive e dannose per il mercato digitale”.
Il cuore della disputa: la clausola del “miglior prezzo”
Secondo gli albergatori, Booking.com avrebbe imposto la famigerata clausola di “parità tariffaria”, obbligando le strutture a non offrire prezzi più bassi su altri canali, nemmeno sul proprio sito ufficiale. Un vincolo che – sostengono – ha soffocato la concorrenza e impedito agli hotel di gestire liberamente le proprie tariffe.
In più, la piattaforma avrebbe usato queste clausole per limitare il fenomeno delle cosiddette prenotazioni “free-rider”, ovvero clienti che trovano l’hotel su Booking.com ma prenotano direttamente con la struttura, evitando le commissioni.
Il periodo sotto accusa va dal 2004 al 2024, anno in cui la clausola è stata eliminata per adeguarsi al Digital Markets Act dell’UE.
Un mercato in pugno a Booking.com
L’azione legale arriva dopo una storica sentenza della Corte di giustizia europea, che ha stabilito come tali clausole rientrino a pieno titolo nel diritto della concorrenza dell’UE. Secondo una ricerca di Hotrec, nel 2024 Booking Holdings controllava il 71% del mercato europeo delle prenotazioni online, in crescita rispetto al 68,4% del 2019.
Un dominio assoluto che, secondo molti albergatori, ha permesso all’azienda di aumentare le commissioni e mettere sotto pressione i margini di profitto.
“Per una stanza venduta a 100 euro, all’hotel ne restano al massimo 75 dopo le commissioni. Con quella cifra bisogna pagare personale, spese e investimenti”, denuncia Véronique Siegel, presidente della divisione hotel dell’associazione francese Umih.

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La replica di Booking.com
La società respinge le accuse, definendo “inesatte e fuorvianti” le dichiarazioni di Hotrec. In una nota, sottolinea che la sentenza europea non ha stabilito che le clausole fossero anti-concorrenziali, ma solo che andassero valutate “caso per caso”.
Booking.com rivendica inoltre di aver contribuito alla crescita del settore: secondo un sondaggio interno, il 74% degli albergatori afferma di aver aumentato redditività e tassi di occupazione grazie alla piattaforma.
Una battaglia legale lunga e complessa
Gli esperti di diritto della concorrenza, come Rupprecht Podszun dell’Università Heinrich Heine di Düsseldorf, avvertono: il processo sarà lungo, costoso e ricco di ostacoli. La sfida più grande sarà quantificare i danni subiti dagli hotel.
“È la rivolta degli albergatori: un messaggio chiaro a Booking.com, ‘Non potete fare di noi ciò che volete’”, afferma Podszun.
Se la causa dovesse avere successo, si tratterebbe di una delle più grandi class action della storia dell’ospitalità europea, e potrebbe ridisegnare gli equilibri del mercato delle prenotazioni online.
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