Censura e pandemia: il ruolo oscuro degli enti privati americani
La recente scoperta che la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) ha monitorato e influenzato il dibattito interno sul COVID-19 attraverso collaborazioni con partner privati non sorprende chi ha seguito gli eventi recenti. Documenti ottenuti da America First Legal (AFL) attraverso un contenzioso confermano ciò che molti cittadini sospettavano: il governo americano ha attivamente censurato il dibattito durante la pandemia, presentando questa azione come una lotta contro la disinformazione. Questo comportamento non è nuovo, ma rappresenta una continuazione di una tendenza preoccupante che ha eroso la fiducia nelle istituzioni governative.
La CISA, parte del Department of Homeland Security (DHS), ha avviato il monitoraggio del discorso pubblico sul COVID-19 già a metà febbraio 2020, prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse ufficialmente la pandemia. La sua Countering Foreign Influence Task Force (CFITF), inizialmente dedicata alla disinformazione estera, ha ampliato il proprio raggio d’azione per includere anche il discorso interno, sollevando gravi preoccupazioni costituzionali. Per evitare la censura diretta, la CISA ha coinvolto entità private, come fact-checker e ONG, per segnalare contenuti, anche quando accurati.
L’elenco dei partner privati coinvolti è lungo e include organizzazioni come l’Atlantic Council DFR Lab, Media Matters e il Center for Countering Digital Hate (CCDH). Questi gruppi, spesso finanziati da interessi esteri o globalisti, avevano il compito di identificare e segnalare discussioni che contraddicevano le narrazioni governative. Questa collaborazione ha portato alla creazione di quello che AFL ha definito il “complesso industriale della censura”, una rete progettata per sopprimere opinioni dissenzienti sotto il pretesto della salute pubblica
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Un esempio lampante è la censura dei commenti del Presidente Trump sull’idrossiclorochina (HCQ). Nonostante studi successivi avessero indicato benefici moderati dell’HCQ, la CISA ha etichettato queste affermazioni come disinformazione. La giustificazione per tale censura si basava su scenari ipotetici, minando così il concetto di libertà di parola e consentendo la soppressione di informazioni corrette.
Altri argomenti censurati dalla CISA includevano l’efficacia delle mascherine e la teoria della fuga di notizie dal laboratorio di Wuhan. Entrambi questi temi, inizialmente soppressi, hanno dimostrato successivamente di avere valore. L’affidamento dell’agenzia a partner privati ha eluso le protezioni costituzionali e ritardato la diffusione di informazioni fondamentali per le decisioni sulla salute pubblic
La CISA ha giustificato le sue azioni affermando di essere minacciata da entità straniere come Russia e Cina. Tuttavia, come evidenziato da Reed D. Rubinstein dell’AFL, questo approccio è stato definito “incredibilmente” anti-americano. La collaborazione con una rete di entità nazionali e straniere solleva interrogativi sui veri motivi della CISA.
La rivelazione del monitoraggio e dell’influenza della CISA sul discorso pubblico durante la pandemia non è un caso isolato, ma parte di un modello di ingerenza governativa più ampio. L’uso di partner privati per censurare il discorso ha permesso al governo di aggirare le garanzie costituzionali, minando i principi di libertà e libera espressione. Sebbene i dettagli di queste pratiche possano essere nuovi, i problemi di base, come la sorveglianza governativa e la soppressione del dissenso, sono ben noti.
America First Legal continua a lavorare per contrastare le pratiche di censura governativa. La pandemia ha messo in luce le vulnerabilità del nostro sistema, ma ha anche evidenziato l’importanza di proteggere la libertà di parola. La storia della censura da parte della CISA serve da promemoria che la libertà deve essere vigilante e protetta, specialmente in tempi di crisi.
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