Dazn in crisi anche in Italia? Dopo il crollo in Francia, la Serie A trema

Dazn vacilla. Dopo il fallimento clamoroso in Francia, ora anche il calcio italiano rischia di ritrovarsi senza un vero partner televisivo. E non è tutta colpa della pirateria.
Sembrava l’inizio di una nuova era quando, nel 2021, Dazn strappava alla concorrenza i diritti per trasmettere in esclusiva la Serie A a suon di milioni: 700 ogni stagione. Oggi, quattro anni dopo, quel colpo di teatro si sta trasformando in un incubo finanziario. Secondo quanto riportato da Paolo Ziliani su Il Fatto Quotidiano, la piattaforma avrebbe già avvisato la Lega di non essere più in grado di rispettare i termini dell’accordo. Gli abbonati calano, i ricavi non bastano, e il rischio che tutto salti è concreto.
Ma cosa sta succedendo davvero a Dazn? E perché il modello che doveva rivoluzionare il calcio europeo ora mostra crepe profonde?
Il caso francese: abbandono e rivoluzione
Il precedente d’oltralpe è inquietante. In Francia, Dazn si era aggiudicata 8 partite su 9 della Ligue 1 per 400 milioni l’anno fino al 2028. Ma i numeri parlano chiaro: solo 400.000 abbonati. Troppo pochi per sostenere i costi. Risultato? Contratto stracciato e via di fuga anticipata. Ma la Ligue 1 non è rimasta a guardare.
In un colpo di scena senza precedenti, i 18 club francesi hanno deciso di produrre in proprio le partite e di venderle a chiunque voglia trasmetterle. Prezzi? Decisamente più popolari: 14,99 euro al mese per l’abbonamento standard, 10 euro per i giovani su smartphone. Il doppio vantaggio: recuperare terreno e fidelizzare un pubblico stanco di tariffe alte e qualità altalenante.
E ora i numeri giocano a loro favore: con un milione di utenti si superano i ricavi che Dazn portava con il doppio del prezzo e la metà degli abbonati.
E in Italia? I segnali sono allarmanti
Anche da noi, Dazn ha investito pesantemente: 700 milioni di euro a stagione, una cifra enorme per il nostro mercato. Ma gli abbonati non crescono, e le lamentele sul servizio – buffering, blocchi improvvisi, limiti di visione contemporanea – non accennano a diminuire. Anzi, sono spesso la norma.

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Paolo Ziliani rivela che la piattaforma ha già fatto capire di non poter onorare ancora a lungo l’impegno con la Lega. Ecco perché Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, sta conducendo una crociata contro la pirateria. Non solo per difendere i diritti, ma anche per togliere alibi a Dazn. Un modo per dire: “i disservizi non sono colpa dello streaming illegale”.
La domanda però rimane: è davvero tutta colpa della pirateria?
Una crisi più profonda: quando l’innovazione non basta
La verità è che Dazn ha perso la sua scommessa. La rivoluzione digitale promessa si è scontrata con una realtà molto più complessa: infrastrutture deboli, utenti non soddisfatti, prezzi alti, concorrenza in crescita. E soprattutto una gestione poco lungimirante: senza fidelizzazione, anche l’esclusiva sulla Serie A diventa un boomerang.
Nel frattempo, Sky è rimasta in gioco e si è ritagliata una fetta importante, con 200 milioni all’anno per tre partite a settimana. Un modello più classico, ma forse più stabile. E se anche la Serie A dovesse seguire l’esempio francese e optare per una produzione autonoma? Fantacalcio? Forse no.
Il futuro è incerto, ma una cosa è chiara
La crisi di Dazn segna un punto di svolta. Non basta comprare i diritti a peso d’oro per cambiare le regole del gioco. Serve visione, qualità, accessibilità. E soprattutto rispetto degli impegni.
La Serie A deve ora decidere se restare ancorata a un partner traballante o ripensare tutto da capo, magari ispirandosi al modello francese.
In ogni caso, il tempo stringe. E il calcio italiano, già provato da crisi tecniche ed economiche, non può permettersi un altro scivolone.
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