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Dipendenza dai pagamenti digitali: i rischi di un blackout

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Negli ultimi giorni, il confronto tra pagamenti digitali e contante è tornato a essere un tema di grande attualità, soprattutto a seguito dei blackout che hanno paralizzato i circuiti bancari in tutta Italia. Questo evento ha messo in evidenza una realtà innegabile: chi aveva contante a disposizione ha potuto continuare a fare acquisti senza problemi, mentre chi era vincolato ai pagamenti digitali si è trovato impossibilitato anche a comprare un semplice stuzzicadenti.

Questa situazione evidenzia un contrasto che non può essere ignorato. Nonostante la palese differenza tra le due modalità di pagamento, i sostenitori della digitalizzazione continuano a difendere a spada tratta l’uso degli strumenti digitali, accusando il contante di favorire l’evasione fiscale. Ma mentre si ergono a paladini del progresso, molti di loro hanno dovuto abbandonare il carrello della spesa al supermercato, impotenti di fronte a un bancomat non funzionante.

L’episodio non è solo un guasto tecnico, ma un campanello d’allarme che mette in luce i pericoli di una società che affida la propria vita economica e sociale a sistemi digitali centralizzati. LIT Wallet e altre soluzioni simili non rappresentano il futuro luminoso di semplificazione ed efficienza, ma una nuova forma di controllo, subdola e pervasiva. Pensateci bene: un’unica piattaforma dove sono concentrati i vostri documenti, le vostre informazioni sanitarie, i vostri dati personali. Chi detiene questa chiave? Non voi, ma le aziende e i poteri che gestiscono questi sistemi.

Se con il Green Pass si sono già dimostrati capaci di limitare la libertà di movimento con un semplice clic, cosa impedirà a questi poteri di spegnere completamente la vostra vita digitale se non vi conformate? Quando si blocca una rete e ci troviamo incapaci di effettuare pagamenti o accedere ai nostri fondi, la precarietà di questa dipendenza diventa evidente. E se domani qualcuno decidesse di spegnere quell’interruttore per controllare un’intera popolazione? Saremmo tutti intrappolati.

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Questa non è fantascienza; è già realtà in alcuni paesi, dove i sistemi digitali vengono utilizzati per monitorare i cittadini e punirli se non si conformano alle regole. L’IT Wallet è solo il primo passo verso un modello distopico di gestione della società, in cui ogni mossa, ogni scelta e ogni acquisto vengono tracciati e analizzati, potenzialmente usati contro di noi.

La tecnologia non è neutrale; è uno strumento il cui uso dipende da chi lo controlla. Il problema non è la digitalizzazione in sé, ma la centralizzazione del potere che essa comporta. Questi strumenti non sono progettati per servire il cittadino, ma per servire chi detiene il potere. Quando così tante leve sono concentrate nelle mani di pochi, il rischio di abusi diventa inevitabile.

E mentre i sostenitori dei pagamenti digitali continuano a denigrare il contante, hanno già speso nel 2023 ben 9,3 miliardi di euro in commissioni bancarie, abituati a strisciare il bancomat anche per pagare un caffè. Ma chi sono davvero i veri “analfabeti funzionali”? È una domanda che ci poniamo mentre usciamo dai negozi con le borse piene, mentre altri continuano a imprecare contro le loro tecnologie e il loro “Dio Digitale”.

In conclusione, è fondamentale non lasciarsi incantare dalle promesse di comodità e progresso. Ogni diritto che cediamo, ogni pezzo della nostra privacy che accettiamo di sacrificare, riduce la nostra libertà. E una volta persa, recuperarla sarà quasi impossibile. Guardiamo al guasto di oggi e chiediamoci: cosa succederà quando non sarà più un semplice problema tecnico, ma una decisione deliberata? È nostro dovere opporci a questa deriva, per noi stessi e per le generazioni future. La libertà non si negozia; si difende. E oggi, più che mai, è minacciata da innovazioni che, sotto il velo del progresso, celano la più antica delle ambizioni: il controllo totale.

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