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Guida autonoma o strumento di morte? L’allarme dell’ONU

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L’innovazione corre veloce. Forse troppo. Oggi le auto a guida autonoma rappresentano una delle promesse più affascinanti della tecnologia moderna: veicoli intelligenti, in grado di muoversi senza conducente, ridurre gli incidenti e trasformare il concetto stesso di mobilità. Ma cosa succede quando il progresso apre scenari che fino a ieri sembravano usciti da un film distopico?

Un recente rapporto delle Nazioni Unite, intitolato “Algoritmi e terrorismo”, lancia un allarme che dovrebbe farci riflettere. Secondo l’analisi, i veicoli autonomi potrebbero presto diventare strumenti letali in mano a gruppi terroristici. Non è una previsione da fantascienza, ma una proiezione concreta basata sull’uso potenziale – e malevolo – dell’intelligenza artificiale.

Dalla comodità all’incubo: così l’AI può essere usata contro di noi

L’Ufficio ONU per la lotta al terrorismo ha messo nero su bianco una verità scomoda: la tecnologia che oggi promette efficienza e sicurezza potrebbe, se finisse nelle mani sbagliate, trasformarsi in uno strumento di morte. Non è un’ipotesi lontana: l’uso di veicoli per compiere attentati è storia recente, basti pensare agli attacchi con camion o furgoni in Europa e negli Stati Uniti.

Ora però la prospettiva cambia radicalmente. Con i veicoli autonomi, i terroristi non avrebbero nemmeno bisogno di essere presenti sul posto. Potrebbero inviare un’auto, carica di esplosivi o semplicemente lanciata a tutta velocità in una zona affollata, restando al sicuro dietro a uno schermo, a chilometri di distanza.

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Una minaccia concreta entro 5-10 anni

William Allchorn, esperto in sicurezza e membro del Policing and Public Protection Research Institute, afferma che la possibilità di attacchi di questo tipo è “da moderata ad alta” nei prossimi cinque-dieci anni. In altre parole: il tempo stringe.

Il rapporto ONU sottolinea come l’evoluzione delle città “smart”, interconnesse e automatizzate, possa offrire ai criminali informatici nuovi spazi per colpire. Immaginate cosa potrebbe accadere se un gruppo ben organizzato riuscisse a infiltrarsi nei sistemi di trasporto autonomi di una metropoli: traffico in tilt, servizi di emergenza bloccati, caos totale. E in mezzo a tutto questo, una flotta di veicoli trasformati in armi.

Ma davvero ci sorprenderà?

Forse la cosa più inquietante è che tutto questo non dovrebbe stupirci. Abbiamo visto gli algoritmi manipolare l’opinione pubblica, alimentare campagne di disinformazione, sorvegliare miliardi di persone. Perché non dovremmo pensare che possano anche uccidere?

Eppure, a ogni nuova tecnologia, il dibattito è sempre lo stesso: prima si esalta il potenziale, poi si rincorre il danno. L’industria promette che “ci penserà dopo” alla sicurezza. I governi si muovono con lentezza, spesso senza nemmeno capire di cosa si stia parlando. Nel frattempo, i rischi aumentano.

Serve una presa di coscienza, ora

Il rapporto delle Nazioni Unite è un appello chiaro: occorre agire prima che sia troppo tardi. Questo significa rafforzare la sicurezza dei software dei veicoli autonomi, introdurre sistemi di emergenza che possano fermare un mezzo anche da remoto, e soprattutto creare leggi che impongano responsabilità a chi sviluppa queste tecnologie.

Perché, diciamolo chiaramente: oggi, un’auto senza conducente è una comodità. Domani, potrebbe essere una bomba su ruote.

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