Il creatore di ChatGPT promette un rimedio al divieto italiano
OpenAI, il produttore di ChatGPT, ha in programma di presentare giovedì delle misure per porre rimedio alle preoccupazioni che hanno portato al divieto di utilizzo del chatbot in Italia la scorsa settimana, come ha dichiarato il Garante per la protezione dei dati personali.
OpenAI, società di Microsoft Corp, ha messo offline ChatGPT in Italia dopo che la settimana scorsa il Garante lo ha temporaneamente limitato e ha avviato un’indagine su una sospetta violazione delle norme sulla privacy.
La scorsa settimana l’agenzia ha accusato OpenAI di non aver controllato l’età degli utenti di ChatGPT e di “assenza di qualsiasi base legale che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia di dati personali”.
Giovedì ha dichiarato di non avere intenzione di porre un freno allo sviluppo dell’IA, ma ha ribadito l’importanza di rispettare le norme volte a proteggere i dati personali dei cittadini italiani ed europei.
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In una videoconferenza tenutasi nella tarda serata di mercoledì alla quale ha partecipato l’amministratore delegato Sam Altman, OpenAI si è impegnata a essere più trasparente sul modo in cui gestisce i dati degli utenti e ne verifica l’età, ha dichiarato il Garante.
L’azienda ha dichiarato che giovedì invierà al Garante un documento sulle misure da adottare per rispondere alle sue richieste.
L’autorità per i dati personali ha dichiarato che valuterà le proposte avanzate da OpenAI. Una fonte che ha familiarità con la questione ha detto che probabilmente ci vorranno diversi giorni per valutare il contenuto della lettera.
OpenAI, che ha sede a San Francisco, non ha risposto a una richiesta di commento sulla dichiarazione dell’agenzia.
Giovedì l’azienda ha pubblicato un post sul blog, intitolato “Il nostro approccio alla sicurezza dell’IA”, in cui afferma di essere al lavoro per sviluppare “politiche sfumate contro i comportamenti che rappresentano un rischio reale per le persone”.
“Non usiamo i dati per vendere i nostri servizi, per la pubblicità o per costruire profili di persone”, ha dichiarato. “Usiamo i dati per rendere i nostri modelli più utili alle persone. ChatGPT, per esempio, migliora grazie a un ulteriore addestramento sulle conversazioni che le persone hanno con lui.
Sebbene alcuni dei nostri dati di formazione includano informazioni personali disponibili su Internet, vogliamo che i nostri modelli imparino a conoscere il mondo, non le persone private”.
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L’azienda ha dichiarato di aver rimosso le informazioni personali dai suoi set di dati laddove possibile, di aver perfezionato i modelli per rifiutare le richieste di informazioni da parte degli utenti e di voler rispondere alle richieste individuali di cancellare i propri dati dai suoi sistemi.
Il divieto dell’Italia ha suscitato l’interesse di altre autorità di regolamentazione della privacy in Europa, che stanno studiando se siano necessarie misure più severe per i chatbot e se coordinare tali azioni.
A febbraio, il Garante ha vietato alla società di chatbot AI Replika di utilizzare i dati personali degli utenti italiani, citando i rischi per i minori e le persone emotivamente fragili.
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