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Internet sotto assedio: gli ISP europei contro la “censura antipirateria” imposta dai governi

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Mentre la battaglia contro la pirateria si intensifica, gli Internet Service Provider (ISP) si ritrovano in trincea, costretti a fare da polizia della rete. Ma fino a che punto si può spingere il controllo prima che diventi censura?

Negli ultimi mesi, la Commissione Europea ha ricevuto pressioni crescenti da parte dei colossi dell’intrattenimento — da Netflix alla Premier League — affinché venga applicata una stretta decisiva contro la pirateria, in particolare quella legata allo streaming sportivo. Ma a farsi carico della sorveglianza digitale, ancora una volta, sono gli ISP. E non tutti sono d’accordo.

I provider lanciano l’allarme: “Blocchi sproporzionati e danni collaterali”

EuroISPA, la più grande associazione europea di provider (oltre 3.300 aziende rappresentate), ha deciso di alzare la voce. In una comunicazione inviata alla Commissione UE, denuncia un’escalation di misure “sproporzionate” e poco trasparenti, con riferimento diretto a quanto accaduto in Italia e Spagna.

Esempio eclatante? Il famigerato Piracy Shield italiano, che ha portato al blocco accidentale di Google Drive per oltre 12 ore, semplicemente perché un dominio era stato segnalato da “segnalatori attendibili”. Decine di migliaia di siti inaccessibili, per un solo errore.

Quando la lotta alla pirateria diventa un’arma a doppio taglio

Le misure adottate in alcuni Stati membri non solo coinvolgono gli ISP locali, ma si estendono anche a provider DNS come Cloudflare, Google e OpenDNS, finendo per colpire infrastrutture essenziali dell’intera rete.

In Spagna, un’ordinanza della lega calcistica LaLiga ha portato al blocco preventivo di server CDN senza alcuna notifica ai proprietari, causando l’interruzione di servizi legittimi. Secondo EuroISPA, “queste decisioni unilaterali violano il principio di neutralità della rete e ignorano il funzionamento reale di Internet“.

Caso di studio: Italia
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ISP sotto pressione: “Bloccare in 30 minuti? Una follia”

La Commissione Europea starebbe valutando l’introduzione di un limite di 30 minuti per l’esecuzione dei blocchi. Ma EuroISPA avverte: “i provider più piccoli non hanno le risorse tecniche per gestire queste richieste in tempo reale”, e i rischi di overblocking sono altissimi.

Il rischio? Trasformare i provider in giudici e carnefici, responsabili di distinguere in tempo record tra contenuti legittimi e illegali, in una corsa contro il tempo che compromette l’infrastruttura e la libertà della rete.

Più collaborazione, meno repressione

Invece di ordinanze giudiziarie su larga scala, EuroISPA propone un approccio collaborativo, con linee guida chiare e responsabilità condivise. L’esempio? Un’ordinanza in Belgio basata sulla Direttiva Copyright, che offre “certezza giuridica” senza danneggiare terzi.

Verso un Internet più chiuso?

Con l’estensione delle misure KYBC (Know Your Business Customer), e la proposta di coinvolgere anche provider VPN e DNS nella lotta alla pirateria, il rischio è evidente: compromettere la libertà e la neutralità della rete in nome di un controllo sempre più capillare.

Conclusione

La pirateria è un problema serio, ma la soluzione non può essere una deriva repressiva che affida la censura preventiva agli ISP. L’Europa deve decidere: vuole davvero un’Internet aperta, neutrale e sicura per tutti? O preferisce trasformare i fornitori di rete in sceriffi digitali al servizio dei grandi interessi commerciali?

La battaglia è appena cominciata. E questa volta, potrebbe coinvolgere tutti noi.

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