La Cina accelera sull’indipendenza tecnologica: 47,5 miliardi di dollari per conquistare l’industria dei chip

La Cina ha deciso di alzare il tiro nella guerra dei semiconduttori, lanciando il suo fondo statale più ambizioso di sempre: Big Fund III, con un investimento colossale di 47,5 miliardi di dollari. Non si tratta solo di costruire nuove fabbriche: questa volta l’obiettivo è molto più strategico e profondo. Pechino punta a spezzare la dipendenza dalle tecnologie occidentali, sviluppando strumenti propri per la progettazione e la produzione dei microchip, con un focus particolare sulla fotolitografia e sui software EDA.
Stop alla dipendenza tecnologica: la nuova missione di Pechino
Finora, la Cina ha investito massicciamente nella costruzione di impianti per la produzione di chip. Ma il collo di bottiglia è rimasto sempre lo stesso: la dipendenza da macchinari e software stranieri, soprattutto per le tecnologie litografiche più avanzate. Il caso più emblematico è quello dei sistemi EUV, essenziali per produrre chip all’avanguardia: queste macchine sono prodotte esclusivamente dall’olandese ASML, che però non può venderle alla Cina a causa delle sanzioni imposte da Stati Uniti ed Europa.

Il risultato? Il gigante cinese SMIC riesce sì a produrre chip a 7 nanometri, ma lo fa con tecnologie ormai superate, con un alto tasso di scarto e costi elevatissimi. Intanto, player come TSMC e Samsung avanzano su processi a 3 nm e si preparano alla prossima generazione.
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Il fronte invisibile: la guerra dei software
Non è solo una questione di hardware. Anche sul fronte software la Cina è in posizione di svantaggio. I software EDA (Electronic Design Automation), strumenti indispensabili per progettare chip moderni, sono nelle mani di tre aziende americane: Synopsys, Cadence e Siemens EDA. Queste controllano oltre l’80% del mercato globale, e persino i chip Kirin di Huawei sono stati sviluppati utilizzando i loro strumenti.

Per cambiare rotta, Pechino sta investendo su aziende nazionali come Empyrean e Primarius, ma la strada è lunga. Mancano ancora sia le competenze che le dimensioni per competere alla pari con i colossi occidentali.
Un percorso in salita, ma inevitabile
Secondo gli analisti, l’indipendenza totale è ancora lontana. La Cina potrebbe impiegare anni per colmare il divario tecnologico con Stati Uniti, Taiwan e Corea del Sud. Ma ciò non significa che la corsa sia inutile. Al contrario: raggiungere un livello minimo di autosufficienza tecnologica sarà cruciale, soprattutto in un contesto geopolitico sempre più instabile, dove le sanzioni e le restrizioni sono diventate strumenti di pressione costanti.
Con il Big Fund III, la Cina punta a proteggersi da futuri blocchi tecnologici e a costruire una filiera interna solida, resiliente e sovrana. Anche se la corsa ai chip rimane ancora dominata dall’Occidente, Pechino ha messo in moto una macchina che difficilmente si fermerà.
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