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La Cina combatte la siccità con il cloud seeding

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La Cina si impegna nella lotta contro la siccità utilizzando droni militari e la tecnica del cloud seeding, una pratica controversa anche adottata dagli Stati Uniti e dagli Emirati Arabi Uniti. Il cloud seeding, ovvero la semina delle nuvole, è stato scoperto nel 1946 da Vincent Joseph Schaefer, un chimico e meteorologo americano, che ha dimostrato come l’aggiunta di sostanze chimiche alle nuvole possa influenzare i processi meteorologici e favorire le precipitazioni.

Questa tecnica, basata sul principio della nucleazione, prevede il rilascio di sostanze come l’ioduro d’argento sopra le nuvole, che agiscono come nuclei di condensazione per favorire la formazione di gocce d’acqua pesanti pronte a precipitare al suolo. Negli Stati Uniti, ad esempio, questa pratica è comunemente utilizzata per aumentare le possibilità di pioggia e neve del 20-30%, con risultati positivi soprattutto per fini energetici come la produzione di energia idroelettrica.

La Cina, che investe oltre 50 milioni di dollari all’anno in programmi di controllo climatico, ha avviato recentemente un progetto sperimentale che prevede l’utilizzo di droni militari per combattere la siccità nella regione dello Xinjiang. Questo approccio innovativo mira a incrementare le precipitazioni in aree specifiche per contrastare la crescente carenza d’acqua causata dal cambiamento climatico.

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Anche gli Emirati Arabi Uniti, a causa del clima arido e dell’esaurimento delle riserve d’acqua sotterranee, hanno adottato la pratica del cloud seeding fin dagli anni Novanta. Questa tecnica, affiancata alla desalinizzazione dell’acqua marina, si propone di rispondere alla crescente domanda d’acqua nel Paese, con l’obiettivo di raddoppiare il bisogno idrico nazionale nei prossimi 15 anni.

Nonostante l’ampio utilizzo della semina delle nuvole e i continui progressi nella ricerca, gli scienziati rimangono scettici riguardo all’efficacia e agli effetti a lungo termine di questa tecnica. La complessità dei sistemi meteorologici e i potenziali impatti negativi sull’ambiente sollevano dubbi sull’utilizzo diffuso del cloud seeding come soluzione definitiva alla siccità e alla carenza d’acqua.

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