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LaLiga contro Cloudflare: la caccia alla pirateria colpisce utenti innocenti

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La guerra infinita di LaLiga contro la pirateria IPTV sta prendendo una piega sempre più inquietante. Lunedì, un blogger spagnolo che nulla aveva a che fare con le trasmissioni illegali del campionato si è visto recapitare un messaggio a dir poco surreale: se non avesse “convinto” Cloudflare a fermare la pirateria da un indirizzo IP condiviso, sarebbe stato considerato complice di reati penali e civili.

Un avvertimento che sembra più una minaccia velata: chiunque usi Cloudflare rischia di finire nel mirino, anche se del calcio pirata non ha mai visto neanche un frame.

LaLiga e Cloudflare: una guerra che non si ferma mai

Con l’inizio della nuova stagione calcistica spagnola, la crociata anti-pirateria di LaLiga è tornata più aggressiva che mai. Negli ultimi mesi, la lega aveva già ottenuto autorizzazioni senza precedenti per bloccare gli indirizzi IP associati a Cloudflare, generando un effetto collaterale devastante: centinaia di siti web innocenti oscurati in massa.

Il problema è semplice ma drammatico: gli IP di Cloudflare sono condivisi. Significa che, quando LaLiga decide di bloccarne uno, non ferma solo i pirati, ma anche tutti coloro che lo utilizzano legittimamente per proteggere i propri siti.

Risultato? Un’intera fetta di internet finisce offline, senza colpa.

L’assurdo caso del blogger Lazarus

A raccontare la vicenda è stato Lazarus, un utente appassionato di tecnologia e trasparenza che gestisce un piccolo blog protetto da Cloudflare. Proprio lui ha pubblicato su Mastodon lo screenshot di un messaggio arrivato tramite la piattaforma.

Il testo, firmato da LaLiga, lascia poco spazio all’immaginazione: il suo blog, solo perché ospitato dietro un IP condiviso con altri, viene equiparato a un presunto covo di pirati. Un “avvertimento” che lo mette di fronte a una scelta impossibile: o costringere Cloudflare ad agire, o essere considerato responsabile di crimini commessi da perfetti sconosciuti.

Una logica capovolta: il legittimo utilizzo di un servizio diventa automaticamente sospetto solo perché qualcuno, altrove, ha abusato dello stesso indirizzo IP.

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Una deriva pericolosa

Attribuire a un blogger la responsabilità di un indirizzo IP assegnato da un intermediario appare quantomeno grottesco. Ma è proprio su questa base che LaLiga sembra costruire la sua strategia: non potendo fermare i pirati alla radice, preferisce fare pressione sugli utenti legittimi di Cloudflare, sperando che questi ultimi, stremati, abbandonino il servizio.

Un corto circuito legale e morale che solleva più di una domanda: fino a che punto è lecito criminalizzare gli innocenti per combattere i colpevoli?

Il messaggio di Lazarus

Sul suo account Mastodon, Lazarus non nasconde lo sconcerto:

“LaLiga sa bene come funziona Cloudflare, ma l’unico modo che ha, per ora, è colpire gli stessi utenti, per fare pressione. È l’ultimo tentativo di piegare Cloudflare al loro volere. Ma se ci riuscissero, preparatevi a quello che verrà.”

Un avvertimento che fa riflettere: oggi è un piccolo blog, domani potrebbe essere qualsiasi altro sito che nulla ha a che vedere con la pirateria.

Conclusione

LaLiga ha dichiarato guerra alla pirateria IPTV, ma nel farlo rischia di trascinare con sé utenti innocenti, trasformandoli in bersagli collaterali. La battaglia contro lo streaming illegale è legittima, ma quando gli strumenti utilizzati minano i diritti di chi nulla ha da nascondere, diventa a sua volta un problema di libertà digitale.

La domanda è inevitabile: fino a che punto siamo disposti a sacrificare la neutralità della rete per difendere un business calcistico?

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