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L’IA che legge il pensiero senza impianti: una rivoluzione… che fa paura

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Sembra l’inizio di un film di fantascienza, invece è realtà: un team dell’Università della California a Berkeley e dei laboratori NTT in Giappone ha sviluppato un’intelligenza artificiale in grado di decodificare ciò che una persona sta pensando, trasformando l’attività cerebrale in frasi leggibili.
La parte più sconvolgente? Non serve alcun impianto nel cervello. Basta una comune scansione fMRI.

Questa tecnologia, già soprannominata “mind-captioning”, utilizza i cambiamenti del flusso sanguigno nel cervello per capire cosa accade nella mente di un soggetto e ricostruire il contenuto visivo o concettuale dei suoi pensieri. È un salto scientifico enorme, che apre scenari luminosi per la medicina… ma anche ombre inquietanti sulla privacy mentale, l’ultima frontiera che credevamo intoccabile.

Come funziona il “mind-captioning”: l’IA che trasforma il cervello in testo

Il sistema combina fMRI e deep learning.
Nei test, i partecipanti hanno guardato migliaia di brevi video mentre venivano scansionati. L’IA ha imparato a collegare i pattern cerebrali alle didascalie dei video, mappando le emozioni, l’elaborazione visiva e persino il contesto semantico.

Quando il modello è stato messo alla prova, ha iniziato a generare frasi che descrivono ciò che la persona vedeva o pensava.
Un esempio emblematico: dopo aver osservato un video di una persona che salta da una cascata, l’IA ha prodotto prima un abbozzo (“spring flow”) per poi migliorare fino a generare un risultato sorprendentemente accurato:

“una persona salta sopra una caduta d’acqua profonda su un crinale montuoso.”

Non è una trascrizione letterale, ma la somiglianza semantica è talmente vicina da lasciare senza fiato.
E senza protezioni, anche senza parole.

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Lo scenario positivo è enorme.
Questa tecnologia potrebbe diventare una svolta per pazienti con SLA, sindrome da locked-in, afasie gravi o impossibilità di comunicare. Per alcuni, significherebbe letteralmente riavere una voce.

Ma insieme alla speranza arriva la paura.

Marcello Ienca, esperto di etica dell’IA, avverte che ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno:
“Se arriveremo a questo livello, serviranno regole rigidissime per proteggere la mente e il cervello delle persone.”

Perché i dati mentali non rivelano solo ciò che vediamo, ma chi siamo, i nostri ricordi, i nostri traumi, i primi segni di depressione o demenza.
E l’idea che un’IA possa leggerli — magari senza consenso — è già sufficiente per immaginare scenari di sorveglianza estrema.

Al momento, il sistema richiede ore di scansioni fMRI e piena collaborazione dei volontari. Non esiste alcun modo realista per “leggere” la mente di qualcuno a distanza o in modo non autorizzato. Ma come ha detto il ricercatore Alex Huth:

“Nessuno ha dimostrato che puoi farlo… ancora.”

La parola ancora pesa come un macigno.

Il futuro che arriva troppo in fretta

Gli scienziati sottolineano che il sistema ha ancora limiti enormi. Funziona male con immagini insolite, astratte o imprevedibili; non decodifica frasi interiori complesse; richiede apparecchiature da laboratorio.
Ma basta guardare come si muove l’industria: Neuralink, Meta, Google, OpenAI e decine di startup stanno correndo verso interfacce cervello-computer sempre più sofisticate.

Quando la potenza dell’IA aumenterà e i dispositivi diventeranno più piccoli e accessibili, l’idea di una sorveglianza del pensiero in tempo reale smetterà di essere fantascienza.

Proprio per questo, gli esperti chiedono di agire subito.
Lukasz Szoszkiewicz, specialista in diritti neurali, è categorico:

“Dobbiamo trattare i dati neurali come sensibili per impostazione predefinita.”

Non possiamo aspettare che la tecnologia superi la legge, come è già successo con i social, con i dati biometrici e con gli algoritmi predittivi.
Questa volta, la posta in gioco non è il nostro volto o il nostro comportamento online: è la nostra mente.

E se l’IA può trasformare pensieri in testo… allora la privacy mentale diventa il nuovo confine da difendere a ogni costo.

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