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L’IA miete vittime: i CEO ora lo ammettono, in arrivo ondate di licenziamenti

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Altro che creazione di nuovi posti di lavoro: l’intelligenza artificiale sta per far saltare migliaia di impieghi. E stavolta a dirlo non sono solo analisti o teorici del complotto, ma i CEO delle più grandi aziende del pianeta.

Dopo anni di frasi fatte e rassicurazioni ipocrite, i leader delle big tech e dell’industria tradizionale stanno finalmente abbassando la maschera. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, diversi amministratori delegati hanno iniziato a parlare apertamente dell’impatto devastante che l’intelligenza artificiale avrà sul lavoro.

Jim Farley, CEO di Ford Motor, ha dichiarato senza giri di parole che quasi il 50% dei lavoratori americani potrebbe essere sostituito dalle macchine. Una stima che non lascia spazio a dubbi: l’automazione non è più un’ipotesi futuristica, ma una realtà in accelerazione.

Alla JPMorgan Chase, Marianne Lake ha confermato l’intenzione di ridurre il personale del 10% nei reparti interessati dall’integrazione dell’IA, con un piano già in fase di attuazione.

E Andy Jassy, CEO di Amazon, ha inviato una nota interna per preparare i dipendenti a “tagli massicci”, mentre Dario Amodei di Anthropic ha previsto che entro 5 anni la metà dei lavori entry-level sparirà, spingendo la disoccupazione americana al 20%.

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Per anni i vertici aziendali hanno rassicurato i lavoratori dicendo che l’innovazione avrebbe aperto nuove opportunità. Ma le ultime dichiarazioni tradiscono un’inversione di rotta: il CEO di Shopify, Tobi Lutke, ha annunciato che assumerà nuove persone solo se l’IA non sarà in grado di svolgere quel compito. Un criterio brutale che rende chiaro il messaggio: l’IA è ora la prima scelta.

Arvind Krishna, CEO di IBM, ha ammesso che centinaia di addetti alle risorse umane sono già stati sostituiti con sistemi intelligenti. Solo chi può generare valore nell’era digitale – sviluppatori, venditori tech, specialisti IA – continuerà a essere richiesto.

La nuova realtà del lavoro: sostituiti finché non serve più nessuno?

La narrativa dell’IA che “libera tempo per lavori più creativi” si scontra con i dati e con le azioni delle aziende. Sempre più manager vedono nell’automazione un’occasione per tagliare costi e aumentare i margini, non certo per investire nel capitale umano.

Stiamo entrando in una nuova fase, dove la produttività dell’IA rischia di lasciare indietro milioni di persone, soprattutto quelle impiegate in settori non altamente specializzati. Il mercato non si sta preparando a una “transizione morbida”, ma a una sostituzione massiva e rapida, dove sopravvive chi sa padroneggiare l’intelligenza artificiale o costruirla.

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