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L’Italia avverte i pirati: presto potrebbero essere denunciati e svergognati pubblicamente

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La battaglia dello Stato italiano contro la pirateria IPTV sta per entrare in una nuova, inquietante fase. Dopo anni di multe, sequestri e blocchi a raffica, il governo sta ora valutando una misura che rischia di colpire i pirati là dove fa più male: la reputazione.

Secondo le recenti dichiarazioni del Ministro per lo Sport e la Gioventù, Andrea Abodi, chi compra o utilizza abbonamenti illegali per guardare eventi sportivi potrebbe presto vedere il proprio nome reso pubblico, in un tentativo di “name and shame” senza precedenti.

Credo che i nomi di chi acquista biglietti illegali potrebbero presto essere resi pubblici. Va oltre le preoccupazioni sulla privacy, è un reato. Spero che la gente capisca che forse è meglio spendere qualche euro in più ed evitare di incorrere in problemi”, ha affermato Abodi, durante un evento ufficiale di Sky.

Dal blocco Piracy Shield alla “vergogna pubblica”

L’Italia è ormai considerata uno dei Paesi più aggressivi nella lotta alla pirateria online. Dopo l’introduzione del controverso sistema di blocco Piracy Shield, capace di oscurare siti e flussi IPTV in tempo reale, le autorità hanno iniziato a colpire anche gli utenti finali.

Lo scorso anno, la Guardia di Finanza ha sequestrato un database con oltre 2.200 abbonati a servizi IPTV pirata. A questi utenti sono state inviate sanzioni amministrative fino a 141 euro. Ma per molti, la storia non si è chiusa lì: DAZN ha inviato una seconda lettera, chiedendo un ulteriore pagamento di 500 euro a titolo di risarcimento per i danni economici subiti.

Una doppia punizione che ha sollevato non poche polemiche. Tuttavia, il messaggio è chiaro: in Italia la pirateria non è più un peccato veniale.

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“La pirateria finanzia il crimine”

Durante il suo intervento, il ministro Abodi ha voluto spostare la narrazione dal semplice illecito amministrativo alla dimensione etica e sociale del fenomeno.

“Dobbiamo essere consapevoli che acquistare un biglietto illegale, la pirateria, significa aiutare le economie criminali. Dobbiamo capire che diventiamo tutti complici di questo crimine”, ha ammonito.

Abodi ha anche sottolineato come la pirateria IPTV rappresenti una mancanza di rispetto verso lo sport, le sue regole e i lavoratori che lo rendono possibile.
Parole che arrivano in un momento in cui il governo sta rivedendo il decreto sport e valutando modifiche al Decreto Dignità, che dal 2018 vieta la pubblicità e le sponsorizzazioni legate al gioco d’azzardo.

Una nuova strategia del terrore digitale?

Mentre gli addetti ai lavori lodano la determinazione del governo nel proteggere i diritti d’autore, i critici sollevano dubbi sulle implicazioni di privacy.
Pubblicare i nomi dei trasgressori, sostengono alcuni giuristi, potrebbe sconfinare nella gogna pubblica, violando i principi di proporzionalità e tutela della dignità personale.

D’altra parte, il ministro sembra intenzionato a trasformare la vergogna in un nuovo deterrente sociale.
Se fino a ieri il rischio era una multa o una lettera di DAZN, domani potrebbe esserci qualcosa di peggio: la reputazione distrutta e il nome associato per sempre alla pirateria online.

Il paradosso dell’inclusione e del controllo

L’annuncio di Abodi è arrivato durante l’evento “Sky Up The Edit”, dedicato al rispetto e all’inclusione digitale. Un contesto che, ironicamente, ha fatto emergere il contrasto tra l’ideale di un web più civile e le strategie punitive sempre più dure.

Non bisogna rispondere alla mancanza di rispetto con altra mancanza di rispetto”, ha detto il ministro. Ma nel caso della pirateria, sembra proprio che la tolleranza sia finita.

Tra moralismo e repressione

Il messaggio è chiaro: pagare per contenuti pirata non è solo illegale, è immorale.
Ma la strategia di “denuncia e vergogna” apre interrogativi più ampi:
dove finisce la giustizia e dove inizia la sorveglianza sociale?

In un Paese dove le leggi anti-pirateria diventano ogni anno più severe, la linea tra deterrenza e persecuzione si fa sempre più sottile.
E mentre le autorità preparano nuovi strumenti di controllo, gli utenti si chiedono fino a che punto il diritto alla privacy sarà sacrificato in nome della lotta alla pirateria.

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mamo
mamo
16 giorni fa

Forse si dovrebbe mettere alla gogna quelli che lucrano così tanto sullo sport da rendere proibitivi i costi per seguirlo.