NextDNS sfida i controlli sull’età: il DNS diventa un’arma di ribellione digitale

Il 16 agosto NextDNS, il provider DNS incentrato sulla privacy, ha acceso i riflettori su un tema bollente: la verifica dell’età online. Ha lanciato in beta una nuova funzione, Bypass Age Verification, che promette agli utenti di accedere ai contenuti soggetti a restrizioni senza dover caricare documenti personali, proprio mentre governi di tutto il mondo stringono la morsa sull’identità digitale.
La funzione non è una VPN, ma un sistema più mirato: intercetta solo le richieste DNS e le instrada tramite server proxy situati in Paesi dove la verifica dell’età non è obbligatoria. Un vero e proprio “geo spoofing” a livello DNS, che risulta potenzialmente più veloce e discreto del classico reindirizzamento dell’intero traffico internet.
Gli utenti possono attivarlo facilmente da my.nextdns.io, nella scheda Impostazioni, dove compare chiaramente l’opzione Bypass Age Verification (BETA) accanto ad altre funzioni avanzate come Cache Boost, CNAME Flattening e una sezione Web3 sperimentale con supporto a domini decentralizzati.
Ma i primi test raccontano una realtà meno rosea: Reddit e X (ex Twitter) continuano a bloccare i contenuti soggetti a limiti di età, e su YouTube il bypass si rivela inefficace contro i nuovi sistemi di verifica che combinano account obbligatorio e stima dell’età basata sull’intelligenza artificiale. In pratica, se le piattaforme basano i controlli su dati di fatturazione o segnali del browser, il DNS da solo non basta.

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Il DNS da “idraulica invisibile” a campo di battaglia per la privacy
Questa novità mette in luce un fenomeno più ampio: il Domain Name System non è più soltanto un meccanismo silenzioso per tradurre nomi di dominio in indirizzi IP. È diventato la prima linea nella battaglia per la libertà digitale. Governi e ISP lo manipolano per censurare, dirottare o reindirizzare il traffico, imponendo blocchi e controlli sempre più invasivi.
Non sorprende che siano nate soluzioni alternative come DNS over HTTPS (DoH), DNS over TLS (DoT) e persino progetti decentralizzati basati su blockchain come Namecoin, Unstoppable Domains e Handshake, capaci di resistere alla censura e restituire il controllo agli utenti.
Come ha scritto Christina Maas su Reclaim the Net, il DNS è ormai molto più che un semplice servizio tecnico: è diventato un strumento di ribellione digitale, un piede di porco contro le barriere imposte da governi e piattaforme. Un tempo progettato per restare “noioso e invisibile”, oggi il DNS è il terreno di scontro tra chi vuole governare Internet e chi rivendica la libertà di usarlo senza imposizioni.
La mossa di NextDNS va letta in questa chiave: non è solo un esperimento tecnico, ma un messaggio politico. Segna un nuovo capitolo nella corsa agli strumenti per difendere la privacy e aggirare le regole che trasformano il web da spazio libero a terreno recintato.
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