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Nuova inchiesta su OnlyFans: dietro le modelle ci sono operatori filippini sottopagati

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L’altra faccia dell’erotismo digitale: dove la passione è automatizzata e la solitudine diventa business

Credi di flirtare con una persona reale, di ricevere attenzioni sincere, di scambiare messaggi “intimi” con la tua creator preferita. In realtà, potresti star chattando con un operatore filippino che gestisce fino a otto profili contemporaneamente, per pochi dollari l’ora. È la macchina invisibile che alimenta il motore economico di OnlyFans, una delle piattaforme più redditizie e opache del mondo digitale.

La fabbrica dei sentimenti digitali

Un’inchiesta di Nikkei Asia ha svelato come dietro milioni di conversazioni “private” su OnlyFans si nasconda un’enorme rete di lavoratori nelle Filippine, pagati per impersonare i creator e intrattenere gli abbonati. Non si tratta di casi isolati: stiamo parlando di un’industria che impiega migliaia di operatori, capaci di mantenere il tono seducente dei messaggi e di spingere gli utenti all’acquisto di contenuti personalizzati.

Ogni chatter può gestire oltre 200 conversazioni al giorno, alternando romanticismo, allusioni e risposte strategiche, tutto sotto la supervisione costante di agenzie esterne. La videocamera resta accesa per ore, le pause devono essere approvate e le parole sono calibrate al millimetro per massimizzare le vendite.

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L’amore in appalto

Il paradosso è che, dietro il mito dei creator milionari, si nasconde una catena di sfruttamento. SoloFans trattiene circa il 20% dei ricavi, le agenzie il 30%, e il restante 50% si divide tra i lavoratori e i creatori reali. Gli operatori — o “emotional workers”, come si definiscono — guadagnano circa 3 dollari l’ora, il doppio del salario minimo locale ma infinitamente lontano dagli incassi dei profili che simulano di rappresentare.

Molti di loro denunciano esaurimento mentale e alienazione, costretti a impersonare identità multiple, a fingere emozioni e intimità per 12 ore consecutive. Devono scrivere report, gestire archivi di foto e video, e partecipare a riunioni di “performance” dove vengono valutati non per la qualità del dialogo, ma per il numero di contenuti venduti.

Erotismo o sfruttamento?

Per le organizzazioni sindacali e i ricercatori locali, si tratta di una nuova forma di sfruttamento digitale, una “fabbrica del desiderio” travestita da economia della passione. Gli esperti di diritto del lavoro chiedono da tempo una cornice normativa che riconosca i chatters come lavoratori veri e propri, con tutele e diritti concreti.

Ma il nodo etico va oltre. Anche se OnlyFans ammette nei suoi termini di servizio che i creator possono essere assistiti da operatori, la maggior parte degli abbonati non ne ha la minima idea. Crede di condividere momenti personali, sogni e fantasie con una persona reale — non con un dipendente sottopagato dall’altra parte del mondo.

L’illusione della connessione

In fondo, l’illusione è parte integrante del prodotto. L’utente paga per sentirsi visto, desiderato, importante. E l’algoritmo — insieme agli operatori umani — fa il resto.
Dietro le luci al neon del sesso virtuale si nasconde una realtà più grigia e spietata: una catena globale di emozioni a cottimo, dove anche la seduzione diventa un lavoro da call center.

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