OpenAI valuta la crittografia per ChatGPT: privacy a un passo dal cambiamento?

OpenAI potrebbe presto introdurre la crittografia nelle conversazioni con ChatGPT. A rivelarlo è stato il CEO Sam Altman durante un incontro con la stampa, riportato da Axios. Una mossa che, se confermata, segnerebbe un punto di svolta nel rapporto tra intelligenza artificiale e tutela dei dati personali.
Secondo le prime indiscrezioni, la fase iniziale riguarderebbe le chat temporanee, quelle che non vengono salvate nella cronologia degli utenti. Altman ha sottolineato che si tratta di un impegno serio da parte di OpenAI, anche se al momento non esiste ancora una tempistica precisa per il lancio.
Perché serve la crittografia in ChatGPT
Gli utenti condividono con ChatGPT informazioni estremamente sensibili, dalle strategie aziendali a dettagli personali. Eppure, come ha ammesso lo stesso Altman, queste conversazioni non hanno lo stesso livello di protezione legale garantito a colloqui con medici o avvocati. Proprio per questo, la crittografia appare come un passo inevitabile.
Le chat temporanee rappresentano il terreno di prova più logico: non vengono usate per addestrare i modelli e dunque non necessitano di un’archiviazione permanente. Tuttavia, c’è un ostacolo: lo scorso maggio un tribunale ha imposto a OpenAI di conservare comunque i contenuti di chat eliminate o temporanee, nell’ambito di una causa legata al copyright. Una decisione che ha attirato forti critiche da parte dei sostenitori della privacy.
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La sfida tecnica: perché l’AI non è come un messenger
Implementare la crittografia end-to-end su un chatbot è molto più complicato rispetto a un’app di messaggistica tradizionale. In quest’ultima, il provider si limita a fare da tramite tra due utenti. Nel caso dell’intelligenza artificiale, invece, l’azienda stessa partecipa alla conversazione: i dati devono essere elaborati per generare risposte.
Apple ha tentato di affrontare il problema con la sua tecnologia Private Cloud Compute per Apple Intelligence, che elabora le richieste su server aziendali riducendo al minimo l’accesso ai dati da parte della compagnia. Una strada che anche OpenAI potrebbe considerare.
Un equilibrio tra sicurezza e funzionalità
La vera sfida sarà conciliare due esigenze opposte: garantire la privacy degli utenti e al tempo stesso permettere all’AI di funzionare correttamente. La crittografia potrebbe rappresentare un passo verso un nuovo standard di fiducia, ma il percorso è tutt’altro che semplice.
Se OpenAI deciderà davvero di spingere in questa direzione, si aprirà una nuova era: quella in cui i chatbot non saranno soltanto strumenti potenti, ma anche custodi sicuri delle nostre conversazioni più private.
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