Pavel Durov e l’eredità genetica: il fondatore di Telegram pronto a finanziare la fecondazione in vitro

La notizia ha il sapore della provocazione, ma anche quello di un esperimento sociale su scala globale. Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, avrebbe deciso di finanziare interamente la fecondazione in vitro per giovani donne che desiderano avere un figlio utilizzando il suo materiale genetico. A rilanciare la vicenda è il Daily Mail, citando dichiarazioni pubbliche dello stesso miliardario.
Secondo quanto riportato, Durov sarebbe disposto a coprire tutti i costi della FIVET per donne sotto i 38 anni che intendano concepire tramite il suo sperma, conservato in cliniche specializzate. Un’offerta che non riguarda relazioni personali, ma una scelta dichiaratamente razionale, quasi ideologica.
Dalla prima donazione a un “progetto globale”
Durov racconta che la sua prima donazione risale al 2010, quando aiutò un amico con problemi di fertilità. Da lì, su consiglio medico, avrebbe continuato a donare come risposta a una carenza di “materiale genetico di qualità”. Un’espressione che ha già fatto discutere, ma che chiarisce il modo in cui l’imprenditore guarda alla questione: non emotivo, bensì sistemico.
Secondo le sue stesse affermazioni, oltre 100 famiglie in 12 Paesi avrebbero già avuto figli grazie a queste donazioni. Parallelamente, Durov è padre di sei figli nati da tre relazioni diverse, un dettaglio che rafforza l’idea di una paternità intesa in senso ampio, non tradizionale.
“Responsabilità civile” e lotta allo stigma
Per Durov, la donazione di sperma non è un capriccio da miliardario, ma una “responsabilità civile”. L’obiettivo dichiarato è anche quello di ridurre lo stigma che ancora circonda la procreazione assistita, soprattutto in contesti culturali più conservatori.
L’imprenditore collega inoltre il declino globale della fertilità maschile a fattori ambientali e sanitari, un tema sempre più presente nella letteratura scientifica. In questo quadro, la sua iniziativa viene presentata come una risposta pragmatica a un problema strutturale.

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Tutti i figli sullo stesso piano
Uno degli aspetti più controversi riguarda il futuro. Durov ha chiarito di non fare alcuna distinzione tra figli nati tramite donazione e figli nati da relazioni sentimentali. In linea teorica, tutti potrebbero rivendicare il suo status qualora il legame biologico venisse confermato.
Una posizione coerente con la sua visione libertaria, ma che apre interrogativi enormi: legali, etici e persino patrimoniali, considerando che la fortuna di Durov è stimata in circa 17 miliardi di dollari.
Cliniche, selezione e clienti facoltosi
Secondo il Wall Street Journal, nel corso del 2024 decine di donne avrebbero già risposto all’offerta attraverso una clinica di Mosca dove è conservato il materiale genetico di Durov. Anche se oggi non dona più direttamente, i campioni restano disponibili.
L’accesso però è fortemente regolamentato. Possono partecipare solo donne non sposate sotto i 37 anni, gli embrioni vengono sottoposti a screening genetico e il programma è rivolto soprattutto a clienti facoltosi russi e stranieri. Più che un servizio di massa, un’élite riproduttiva con standard rigidissimi.
Visione filantropica o eugenetica moderna?
La linea di confine è sottile e il dibattito inevitabile. C’è chi vede nell’iniziativa di Durov una forma di filantropia radicale, chi invece intravede i contorni di una nuova eugenetica soft, mascherata da libertà di scelta e supportata da risorse economiche illimitate.
In perfetto stile Durov, la mossa rompe tabù, polarizza l’opinione pubblica e mette in crisi categorie tradizionali come famiglia, paternità e responsabilità. Non è solo una notizia di costume, ma un segnale dei tempi, in cui tecnologia, biologia e potere economico si intrecciano sempre più strettamente.
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