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Pavel Durov lascia in silenzio il tribunale di Parigi: 10 ore di interrogatorio e nessuna dichiarazione

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Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha lasciato il tribunale di Parigi dopo quasi dieci ore di interrogatorio. Uscito dal palazzo di giustizia con il volto impassibile e lo sguardo fisso, Durov ha ignorato i giornalisti che lo attendevano all’esterno. Nessuna parola, nessuna dichiarazione. Solo passi veloci verso un’auto che lo ha portato via in pochi secondi.
Una scena muta, ma carica di tensione.

L’interrogatorio, il terzo sul merito dell’inchiesta in corso, è avvenuto alla presenza di due giudici inquirenti e ben quattro avvocati che accompagnavano l’imprenditore russo. È iniziato intorno alle 10:00 del mattino e si è concluso in serata, lasciando aperti interrogativi su quali accuse stiano davvero gravando su Durov — e perché proprio ora.

Il caso Durov: libertà digitali sotto attacco?

Il fondatore di Telegram è finito nel mirino della giustizia francese in un momento di crescente tensione tra governi occidentali e piattaforme digitali. A metà luglio, lo stesso Durov aveva accusato il governo francese di portare avanti una “crociata contro la libertà di parola e il progresso tecnologico”, reagendo alla notizia di un procedimento penale aperto contro il social network X, ex Twitter.

Secondo quanto emerso, X sarebbe sotto indagine per presunta manipolazione algoritmica con fini di interferenza straniera. Un’accusa pesante, che coinvolge anche la più ampia questione della sovranità digitale e del controllo delle informazioni. In quel contesto, Durov ha preso una posizione netta, difendendo la neutralità tecnologica e puntando il dito contro le derive autoritarie delle democrazie europee.

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Fermato, detenuto e ora sotto sorveglianza giudiziaria

Il caso si è intensificato a partire dal 24 agosto, quando Durov è stato fermato all’aeroporto di Parigi. Secondo fonti locali, è stato trattenuto in custodia cautelare per quattro giorni, prima di essere rilasciato con obbligo di sorveglianza giudiziaria. Nessun dettaglio ufficiale è stato diffuso sulle accuse precise, ma il quadro che si delinea è quello di una crescente pressione politica sulle piattaforme considerate “non allineate”.

Telegram, da anni nel mirino di governi e agenzie, è diventato il simbolo di un internet decentralizzato, libero dalla censura e poco controllabile. E per questo, forse, ancora più scomodo.

Silenzio stampa o strategia mediatica?

Il silenzio di Durov all’uscita dal tribunale non è casuale. È il segno di un uomo consapevole del peso mediatico che ogni parola potrebbe avere. O forse, è il silenzio di chi sa che questa partita si gioca dietro le quinte della giustizia, dove potere, geopolitica e controllo digitale si intrecciano in un gioco pericoloso.

Una cosa è certa: il caso Durov è solo all’inizio, e potrebbe segnare uno spartiacque nel rapporto tra piattaforme digitali e poteri statali.

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