Piracy Shield: quando la lotta alla pirateria diventa un attacco all’intero ecosistema di Internet
I sostenitori di Piracy Shield, la legge italiana per combattere la pirateria nel calcio, hanno mostrato il loro vero volto. Le modifiche proposte a questa normativa stabiliscono che, se un qualsiasi fornitore di servizi di rete sospetta un’attività criminale, deve immediatamente segnalarla alle autorità. Ciò include motori di ricerca, provider DNS e VPN, server proxy inversi, piattaforme di sicurezza Internet. La mancata segnalazione o anche un ritardo nella segnalazione sarebbero punibili con un massimo di un anno di carcere.
Nonostante gli avvertimenti degli esperti di Internet, il governo italiano ha approvato nel 2023 questa legge per combattere i servizi IPTV illegali. Tuttavia, la legislazione non ha raggiunto i risultati sperati.
Ciò che è seguito non è stato un confronto costruttivo con tutti gli stakeholder coinvolti, ma una ferrea determinazione a far funzionare il sistema per i titolari dei diritti. In un quadro normativo che prevedeva misure per punire le aziende Internet che non bloccavano, ma nulla per punire i titolari dei diritti che bloccavano risorse Internet innocenti, questo non è stato una sorpresa.
Emendamenti legali occulti e disprezzo per i servizi Internet
Prima che Piracy Shield entrasse in vigore, erano state fatte promesse di supervisione, per garantire che coloro che richiedevano i blocchi rispettassero i limiti concordati. Ciò doveva servire anche a evitare che gli ISP fossero gravati da costi aggiuntivi.
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C’era anche l’aspetto della supervisione, con l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni AGCOM che si aspettava di esercitare il controllo sulle richieste di blocco. Eppure, solo poche settimane dopo, un altro decreto (“decreto Caivano“) ha introdotto emendamenti alla legge antipirateria, concedendo ai titolari dei diritti il diritto di bloccare indirizzi IP o avvelenare i server DNS degli ISP senza il controllo dell’AGCOM. Alcuni hanno visto ciò come una violazione della fiducia.
Chiudere le “scappatoie”
È noto che il blocco basato su DNS può essere aggirato facilmente, ad esempio utilizzando VPN. Tutti coloro che hanno partecipato alla stesura della legge del 2023 lo sapevano. Sapevano anche che bloccare le reti di distribuzione dei contenuti e i servizi di proxy inverso sarebbe diventato un problema.
Tuttavia, a differenza di altri paesi, in Italia gli entusiasti sostenitori del blocco dei siti sembrano considerare superfluo tenere conto degli interessi degli altri utenti di Internet. Così, Forza Italia è tornata con nuovi emendamenti che equivalgono a un attacco diretto, non ai pirati, ma all’intero settore di Internet.
Secondo quanto riportato, questa settimana è stato dato il via libera alla riammissione di un emendamento al ‘Decreto Omnibus’ che mira a estendere alle VPN l’obbligo di disabilitare l’accesso ai giochi illegali, bloccando l’uso delle VPN per generare indirizzi IP diversi in grado di aggirare la legge.
Prendere di mira le VPN? Solo l’inizio
La prima proposta introdurrebbe VPN e provider DNS di terze parti nel sistema Piracy Shield, obbligandoli a implementare il blocco nello stesso modo in cui gli ISP locali già lo fanno in Italia. Inoltre, l’emendamento mira ad abbassare la soglia in modo che sia legale bloccare contenuti legali, se il server o la risorsa trasporta prevalentemente contenuti illegali.
Il documento ufficiale dell’emendamento è disponibile qui (pdf, italiano)
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