Piracy Shield travolto dalle critiche: l’UE potrebbe bloccarlo

Il tanto discusso sistema italiano Piracy Shield, progettato per combattere la pirateria online – in particolare quella legata allo streaming sportivo – è finito sotto accusa a livello europeo. A lanciare l’allarme è la CCIA (Computer & Communications Industry Association), che rappresenta colossi tech come Google, Apple, Amazon, Meta e Cloudflare.
Secondo la CCIA, Piracy Shield non è solo inefficace contro la pirateria, ma minaccia la libertà di espressione, lede i diritti fondamentali degli utenti e crea un precedente pericoloso nel contesto del Digital Services Act (DSA) dell’UE. La richiesta è chiara: l’Europa deve intervenire, e lo deve fare subito.
Blocchi automatici e mancanza di trasparenza: il lato oscuro di Piracy Shield
Presentato come una svolta nella lotta alla pirateria digitale, Piracy Shield ha fatto più danni che benefici. Il sistema consente ai titolari dei diritti di richiedere il blocco di contenuti sospetti entro 30 minuti, senza verifiche preventive e con scarse possibilità di ricorso.
Secondo la CCIA, questo “strumento ottuso” ha già causato danni collaterali gravi, tra cui il blocco accidentale di servizi legittimi come Google Drive e IP condivisi di Cloudflare. Il rischio? Che strumenti del genere diventino armi di censura tecnologica senza alcun controllo.
L’UE deve intervenire: la richiesta formale alla Commissione europea
La CCIA ha ufficialmente attivato la procedura TRIS dell’Unione Europea, chiedendo alla Commissione di esprimere un parere dettagliato sul sistema italiano. Questa procedura serve proprio a prevenire barriere tecniche al mercato interno e ad assicurarsi che ogni legge nazionale sia compatibile con i principi dell’UE.
“Piracy Shield viola la libertà di espressione e il diritto al giusto processo. La Commissione deve agire”, scrive la CCIA.
Nel mirino della CCIA ci sono l’assenza di trasparenza, l’incompatibilità con il DSA, e la pericolosa estensione extraterritoriale del potere dell’AGCOM, che – secondo la proposta attuale – potrebbe ordinare la rimozione di contenuti ospitati anche in altri Stati membri.

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I punti critici evidenziati dalla CCIA
- ❌ Blocchi automatici senza verifica
- ❌ Nessun meccanismo di ricorso rapido e indipendente
- ❌ Specifiche tecniche del sistema mai rese pubbliche
- ❌ Overblocking di servizi leciti
- ❌ Estensione extraterritoriale fuori controllo
Efficacia dubbia, rischi concreti
Uno degli aspetti più criticati è l’inefficacia del blocco a livello di rete: i contenuti pirata non vengono rimossi, ma solo oscurati a livello DNS/IP. Un metodo facilmente aggirabile che, secondo la CCIA, non risolve il problema della pirateria, ma rischia di nasconderlo.
“Bloccare non equivale a risolvere. E spesso si colpisce chi non c’entra nulla.”
Il futuro di Piracy Shield è incerto
La Commissione europea non ha ancora annunciato se interverrà ufficialmente. Ma la pressione cresce, e con essa la consapevolezza che la lotta alla pirateria non può trasformarsi in una scorciatoia per la censura.
La CCIA chiede trasparenza, regole chiare e rispetto dei diritti fondamentali. E lo fa in nome di un principio basilare: difendere internet come spazio libero, sicuro e aperto per tutti.
📄 Il documento integrale della CCIA è disponibile qui (PDF).
🔍 Vuoi capire cos’è la procedura TRIS? Scoprilo qui.
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