Stanco di Spotify Moddato? Ecco perché tutti ora scelgono “Deezer”

C’è un momento preciso in cui l’abbonato medio di Spotify – quello che da anni crea e custodisce le proprie playlist come fossero reliquie – sbatte la testa contro un muro invisibile. Succede dopo l’ennesimo avviso di “accesso non autorizzato” o, peggio, dopo il ban improvviso dell’app modificata che gli permetteva di ascoltare tutto gratis. È la goccia che fa traboccare il vaso: l’idea di dover scegliere tra pagare l’ennesimo abbonamento o ricominciare da zero diventa insostenibile. Ed è proprio in quell’istante che molti girano lo sguardo verso Deezer, la piattaforma che ha trasformato il trasferimento delle playlist in un gesto più semplice di un colpo di shuffle.
Per essere chiari, anche Deezer prevede un abbonamento a pagamento. Tuttavia, le versioni modificate dell’app sembrano oggi più facili da reperire e, soprattutto, più stabili, senza la costante preoccupazione di doverle reinstallare ogni volta che una versione viene bloccata.
Non si tratta di un invito a evitare il pagamento o a utilizzare app non ufficiali, ma semplicemente della descrizione di un trend che, in questo momento, sta guadagnando sempre più terreno tra gli utenti meno disposti a sottoscrivere abbonamenti.
Perché tutti parlano di fuga in massa
Spotify, per anni sinonimo di streaming musicale, sta affrontando un’onda di malcontento che non arriva soltanto dagli artisti. Le versioni moddate – quelle che promettono skip illimitati e niente pubblicità – vengono chiuse puntualmente dal team di sicurezza, lasciando l’utente migrante con un’app instabile e l’ansia di perdere di nuovo l’accesso. Il risultato è un paradosso: più Spotify rincorre la pirateria interna, più spinge chi non vuole (o non può) pagare a cercare alternative legali, ma gratuite. E fra le opzioni disponibili, Deezer spicca per una ragione molto concreta: non chiede di abbandonare le vecchie playlist, basta teletrasportarle.
Il teletrasporto musicale, spiegato semplice
Deezer non è il primo servizio a offrire la migrazione delle playlist, ma è il primo a integrarla nel proprio ecosistema ufficiale con un percorso guidato a prova di distrazione. Niente link a siti di terze parti, niente sincronizzazioni da gestire manualmente. Apri la sezione “Transfer playlist” sul sito di Deezer, colleghi Spotify (o YouTube Music, Apple Music, persino Tidal se lo usavi ai tempi d’oro del formato flac) e scegli cosa spostare. I brani, l’ordine delle tracce e persino la copertina personalizzata arrivano di là come se avessero sempre vissuto lì. In meno tempo di quello che serve per ascoltare un EP, la bacheca di Deezer si popola dei tuoi mixtape, dei “Weekly mix” salvati perché “non si sa mai”, delle selezioni create la notte in cui hai deciso che la tua vita aveva bisogno di un’ora di shoegaze giapponese.
Come trasferire le tue playlist su Deezer in pochi click
Deezer ha integrato un tool ufficiale che ti permette di importare facilmente le tue playlist preferite:
- Visita la pagina “Trasferisci playlist” su Deezer (devi avere un account).

- Collega il tuo account sorgente (Spotify, YouTube Music, Apple Music, ecc.).

- Seleziona le playlist da trasferire.
- Avvia la procedura: Deezer manterrà titoli, ordine delle tracce e preferenze – tutto senza sforzo.
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Dal lato dell’utente “smart ma onesto”
Sembra un dettaglio, ma per quella fascia di pubblico stanca di barcamenarsi fra file apk e patch temporanee, poter restare nell’alveo della legalità senza spendere un centesimo è una liberazione. Deezer offre un piano free sostenuto dalla pubblicità, ma – a differenza delle mod patchate – non rischia di svanire, né di bloccare l’account. E se un domani volessi fare l’upgrade a Deezer Premium, la transizione è indolore: la tua libreria è già lì, pronta. In pratica, Deezer diventa il “piano B” strutturato, quello sicuro da tenere in tasca per le emergenze o da adottare a tempo pieno quando Spotify si fa troppo severo.
Non solo Spotify: il parco giochi dei trasferimenti
C’è poi un aspetto spesso sottovalutato: non tutti fuggono da Spotify. Alcuni arrivano da YouTube Music, incuriositi dall’idea di liberarsi dai video e dal consumo eccessivo di dati. Altri vengono da Apple Music, spinti dalla fidelizzazione al brand ma frenati dal sistema chiuso. Con il convertitore di Deezer, il cambio di casa avviene con la stessa facilità, quasi fosse una routine di backup: selezioni la sorgente, confermi i permessi, clicchi su import e guardi i tuoi brani popolare la nuova schermata. Da un lato è un’operazione tecnica, dall’altro è un atto di continuità emotiva: la playlist delle vacanze del 2017, quella con le ballad che non confesseresti a nessuno, non va persa, si limita a cambiare tetto.
Il fascino dell’alternativa stabile
Dietro le metriche di ascolto, c’è un elemento di psicologia digitale: l’utente non pagante, quando lavora di smanettoni, sa che il castello può crollare da un momento all’altro. Ogni volta che apre l’app patchata controlla se funziona ancora, se Spotify ha tappato la falla o se il ricercatore di turno ha trovato un nuovo bypass. Con Deezer, questo meccanismo di difesa decade: l’app è quella ufficiale, l’account non verrà bannato, la libreria non è più in bilico. Si riscopre il piacere di premere play senza chiedersi se domani la canzone partirà.
Uno scenario che cambia (e Spotify lo sa)
È presto per parlare di esodo definitivo, ma i numeri suggeriscono una tendenza chiara: ogni volta che Spotify annuncia un giro di vite contro le versioni mod, il traffico verso le guide di migrazione decolla. Deezer, dal canto suo, risponde ampliando il supporto ai servizi di provenienza e affinando l’algoritmo che abbina i brani, riducendo i casi di “canzone fantasma” sostituita da un remix random. Più la transizione diventa liscia, più l’alternativa appare credibile.
Ma non c’è solo Deezer
Se il tuo unico obiettivo è ascoltare musica senza limiti, e delle playlist di Spotify non ti importa più di tanto, allora puoi tranquillamente saltare tutti questi passaggi e scegliere fin da subito alternative più snelle e funzionali.
Su Android, ad esempio, esistono app come SimpMusic e OpenTune, che offrono accesso all’intero catalogo di YouTube Music senza complicazioni e senza perdite di tempo.
La musica è un passaporto, non un lucchetto
In un’era di abbonamenti che si moltiplicano come funghi, l’idea di pagare per ogni singolo servizio inizia a pesare. Ma smettere di pagare non deve necessariamente tradursi in pirateria o in app destinate a sparire. Deezer prova a intercettare proprio quella zona grigia fatta di curiosità, voglia di legalità e desiderio di continuità. E lo fa con una promessa semplice: “Porta qui le tue playlist, ci pensiamo noi a farle suonare”. Se Spotify non allenterà la presa sulle mod, non sorprende che sempre più ascoltatori scelgano la via di fuga più rapida – e, paradossalmente, più legale – che il web mette a disposizione.
La morale? Nel grande jukebox digitale in cui ci muoviamo ogni giorno, la vera esigenza non è più solo l’accesso alla musica, ma la libertà di portarsela ovunque, senza compromessi. Deezer l’ha capito prima di molti altri, trasformando quel desiderio in una funzionalità concreta e alla portata di tutti.
Tuttavia, c’è un altro dettaglio da non sottovalutare: molti utenti non stanno nemmeno pagando Deezer. Preferiscono affidarsi a versioni modificate dell’app o a valide alternative come Echo, considerate più stabili, leggere e soprattutto gratuite. Un segnale chiaro di come, nel 2025, la flessibilità batte l’abbonamento.
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